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From: Bruno Turra


Le vie dei migranti: facciamo chiarezza sui numeri

I percorsi delle persone che abbandonano i loro luoghi di origine e migrano verso l'Italia, per scelta, per calcolo o per necessità, seguono molte traiettorie differenti: vengono un pò da tutto il mondo e con mezzi diversi malgrado l'attenzione del pubblico, indirizzata dai media, vada subito alle navi e ai barconi che caratterizzano il flusso mediterraneo (quest'ultimo ha interessato 648.000 persone, in stragrande maggioranza provenienti da Paesi africani, negli ultimi 5 anni, di cui 23.370 nel 2018, secondo Unhcr). A fronte di questo, l'Istat segnala che la composizione della popolazione straniera residente regolare è molto diversificata per zone di provenienza, anche se è chiaramente identificabile il contributo migratorio più consistente: dalla Romania sono arrivate e risiedono ad oggi 1.190.000 persone, 440.000 dall'Albania, 416.000 dal Marocco, 290.000 dalla Cina, 237.000 dall'Ucraina, 168.000 dalle Filippine e così via, fino ad arrivare a gruppi composti da poche migliaia di persone. Ovviamente la stragrande maggioranza ha trovato una propria collocazione sociale ed economica, lavora ed è regolarmente inserita nei circuiti amministrativi.
Non sempre tuttavia i percorsi migratori portano ad un esito così positivo: c'è chi fallisce, chi se ne ritorna in patria o migra verso altre destinazioni, chi non trova risposta alle sue domande e scaduto il tempo concesso dalla legge si ritrova straniero e senza risorse; molti sono e restano irregolari fuori da ogni controllo (un numero che potrebbe essere stimato in 600.000 persone) altri ancora – soprattutto tra gli irregolari – stazionano nel buco nero del crimine e terminano il loro percorso nelle patrie galere.
Secondo i dati ufficiali del Ministero della Giustizia, al 31 dicembre 2018, la popolazione carceraria in Italia era di 59.655 persona tra le quali 2.576 femmine (di cui 962 straniere) pari al 4,3% (vale a dire che per ogni femmina presente in carcere ci sono 23 maschi).
In tale popolazione le persone straniere sono 20.255 pari al 34% dell'intera popolazione carceraria ovvero, in carcere, 1 persona su 3 è straniera.
La popolazione straniera carcerata proviene da 139 paesi (su 196 stati sovrani riconosciuti a livello mondiale); i cinque gruppi maggiormente rappresentati sono Marocco (18,35% del totale di detenuti stranieri), Albania (12,7%), Romania 12,7%), Tunisia 10,3%), Nigeria (7,1%),
La popolazione che vive in Italia è di circa 60,5 milioni e di questi circa 5,1 milioni sono stranieri (8,5% della popolazione) vale a dire che in italia 1 persona su 12 è straniera. Il confronto tra popolazione residente e popolazione carceraria mette dunque in risalto una differenza enorme tra "italiani" e "stranieri" che bisogna in qualche modo spiegare. Ci si aspetterebbe infatti un incidenza di carcerati stranieri (sul totale dei carcerati) pari a quella esistente tra la popolazione straniera residente (rispetto al totale dei residenti), mentre il dato risulta essere oltre 4 volte superiore.
Al di là dei reati e dal danno direttamente ed indirettamente causato dal crimine, tutto questo ha un costo che grava sul contribuente: secondo il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria il costo medio giornaliero per detenuto (anno 2018) è stimabile in circa 137 euro al giorno ovvero circa 50.000 euro/anno. Il costo complessivo della popolazione carceraria è dunque di 2,98 miliardi/anno; di questi oltre 1 miliardo di euro/anno è il costo imputabile alla popolazione carceraria straniera.
A fronte di questi dati – e ferma restando l'assoluta necessità che il carcere sia luogo di recupero e re-integrazione sociale – non vi è dubbio che un serio problema esista e non possa essere in alcun modo negato.
Anche qui però la violenta contrapposizione politica che si è venuta a creare nel Belpaese fornisce spiegazioni opposte e ferocemente avverse.
Se si seguono le argomentazioni di quanti (cittadini e media pro-migranti) sostengono la migrazione indiscriminata, la causa risiede essenzialmente in due fattori: il primo riguarda la (non) qualità delle leggi che metterebbero i migranti nella condizione di delinquere e il secondo sarebbe connesso alle difficoltà dei medesimi ad accedere alle misure alternative al carcere.
Se si seguono invece le argomentazioni di quelli che sostengono la necessità di un ferreo controllo delle migrazioni, le cause vanno ricercate in fattori differenti: la mancata selezione di chi entra in Italia e la maggiore propensione dei migranti a delinquere.
Si tratta di due interpretazioni che sono riconducibili alle contrapposte narrazioni di sinistra e di destra: entrambe comprendono elementi di verità ed entrambe tacciono su ciò che, ottusamente, non vogliono vedere.
Al di la di queste narrazioni restano i numeri sulle carceri (e i costi) ad attestare una situazione critica che si mostra come una delle tante problematiche connesse alle migrazioni scatenate dall'esplosione demografica dei paesi più poveri, dai cambiamenti climatici, dai calcoli geopolitici e dall'economia predatoria globale. A lume di buon senso appare ovvia la necessità di superare questa contrapposizione, riconoscere la portata del problema e ragionare su cosa fare, senza farsi intrappolare da quella irriducibile faziosità politica che sta generando un odio sociale crescente e rende impossibile ogni confronto. Un passo – quello di mettere insieme gli elementi validi di ognuna delle due opposte prospettive – che oggi appare tanto necessario quanto difficile.
Fonti