Intervista a Riccardo Roversi per il suo nuovo saggio Dimenticando Godot. Samuel Beckett e il Teatro dell’Assurdo (Tiemme Edizioni Digitali)


a cura di R. Guerra



D - Riccardo Roversi, il tuo ultimo saggio, Dimenticando Godot, dedicato a Samuel Beckett, di particolare rilevanza: uno zoom come l'hai "coreografato"?

R - In realtà si tratta di una revisione attenta e ponderata - in occasione del trentennale della morte (1989-2019) del grande drammaturgo irlandese e francese di adozione - della mia tesi di Laurea, risalente al secolo scorso ma evidentemente ancora di grande attualità.

D - Roversi, quindi un focus particolare anche al raro Beckett sceneggiatore, come Paganini, una sola volta nella sua immensa carriera: Film, un cortometraggio nel 1964 per la regia di Alan Schneider e l'interpretazione (muta) del vecchio e leggendario Buster Keaton), un approfondimento?

R - Film è l'illustrazione del principio filosofico esse est percipi, cioè l'essere è (significa) essere percepiti, oppure più liberamente esistere corrisponde all'essere percepiti. Tuttavia, interpretando il verbo percipi (che in latino è normalmente un infinito passivo della terza coniugazione) se non come un riflessivo almeno come un mediopassivo, la versione che si potrebbe ricavarne è esistere significa percepirsi. Sebbene questa traduzione possa apparire non fedelissima, a una attenta analisi di Film e, soprattutto, del suo finale, si è confortati in tale convinzione dal senso delle immagini dirette da Alan Schneider, interpretate da Buster Keaton e supervisionate e approvate da Beckett. Infatti Keaton, al quale l'autore non fa nel cortometraggio pronunciare una sola parola, cerca di sottrarsi (per non esistere) allo sguardo dei passanti, degli animali domestici, di sé stesso riflesso nello specchio però, quando si accorge che l'occhio della macchina da presa (il suo alterego) posta dietro di lui lo percepisce, egli sprofonda nella più agghiacciante angoscia esistenziale. Più "beckettiano" di così…


D - Roversi, il Beckett genio del teatro del Novecento, oggi?

R - Più che genio del teatro, Beckett è stato un genio della letteratura. Così come William Shakespeare, tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, indagò con i suoi drammi e le sue commedie l'aspetto tragico e grottesco delle passioni umane in balia di una transizione epocale, allo stesso modo Samuel Beckett ha testimoniato con spietata lucidità l'inquietudine del proprio tempo. Ma mentre Shakespeare visse in un secolo provvisto di un futuro certo, sebbene ancora molto confuso, il secolo di Beckett, che è (stato) il nostro, rappresenta l'apice del caos e ha avuto l'ingrato compito di chiudere un millennio durante il quale l'"homo sapiens" è sembrato aver esaurito la sua parabola esistenziale. Né sono intravedibili le caratteristiche dell'uomo che verrà, se verrà. Sicché, l'assurda condizione dell'attesa diviene l'unica condizione possibile, malgrado dopo non si profili altro che altra attesa.


D - Riccardo, e Beckett poeta?

R - «La poesia - scrive Samuel Beckett nel suo saggio Dante... Bruno. Vico... Joyce - è stata la prima operazione della mente umana, e senza di essa non potrebbe esistere il pensiero». La poesia più famosa di Beckett è Whoroscope (dedicata a Cartesio), che R.J. Wilcock ha tradotto, grazie alla sua acutezza critica e alla sua competenza linguistica, con il colorito titolo di Puttanoroscopo. Beckett la compose nel 1930 e gli valse il primo premio nel concorso poetico organizzato in quell'anno dalla casa editrice Hours Press di Parigi. Un'altra poesia molto conosciuta è Cascando, del 1936, che nello splendido finale dice: «di nuovo atterrito / di non amare / di amare e non te / di essere amato e non da te / di sapere di non sapere di fingere / fingere // io e tutti gli altri che ti ameranno / se ti amano // a meno che ti amino». Un grandissimo poeta.


D - Riccardo, Samuel Beckett a suo modo precursore del futuro?

R - Per nulla. Così come Dante con la sua Commedia (la più grande opera letteraria di tutti i tempi, superiore anche alle omeriche Iliade e Odissea) non apre alcunché ma chiude l'aureo lungo periodo della letteratura e filosofia greco-latina, Beckett ci dice che non c'è più nulla da dire e da raccontare ma (forse proprio per questo) è necessario continuare per sempre a dire e a raccontare…


D - Cosa ci dici riguardo la sorprendente casa editrice Tiemme Edizioni Digitali che ha pubblicato il tuo saggio?

R - Tiemme Edizioni Digitali in meno di due anni ha bruciato tutti i traguardi, in termini di qualità e di vendite: il suo catalogo annovera tutti i classici italiani e molti francesi, nonché Shakespeare, la Bibbia e autori orientali; vende ebook a ritmo intenso in tutta Europa, negli Usa, in Giappone, in Brasile, Argentina, ultimamente si sono registrate vendite persino in Turchia…


Info

https://www.amazon.it/Dimenticando-Godot-Samuel-Backett-dellAssurdo-ebook/dp/B07MP9HYT6


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