IL TROFEO DELLE ALPI, EMBLEMA DI UNIVERSALITA'.





Da: Pierluigi Casalino 
 
Il Trofeo delle Alpi non è certo una gara come il Rally di Montecarlo o quello di Sanremo o come la Champions League. In questo caso lo sport non c'entra proprio nulla e, anche volendo risalire alle antiche Olimpiadi panelleniche non si trovano esperienze di premi o trofei che si possano riferire al Trofeo delle Alpi. E' una cosa diversa e si chiama anche Trofeo di Augusto, che ne ordinò l'edificazione, nel 6 a.C., come grandiosa torre-santuario visibile da molto lontano da viandanti e naviganti al fine di ricordare e celebrare la vittoria dell'Imperatore romano sui barbari dell'arco alpino. Era il Trofeo di Augusto, dunque, un immenso edificio circondato da colonne, alto 50 metri, del quale restano imponenti rovine che sorgono sull'odierno Principato di Monaco, sulla rocca de La Turbie, la Turbia di Dante: un autentico belvedere affacciato sulla Costa Azzurra, distante dalla ressa di Montecarlo e del suo richiamo mondano. Trofeo delle Alpi, quindi, e non del mare verso cui guarda, perché qui, sul colle più alto dell'antica via Julia Augusta, al confine tra la provincia italica e quella gallo-narbonese, ma comunque collocata nell'Italia geografica da storici e geografi Strabone in poi: in un luogo in cui cominciano le Alpi Marittime. Sul grandioso basamento frontale del Trofeo è scolpita nel marmo una lunga ed articolata iscrizione che celebra appunto Augusto per la sua vittoria sui 46 popoli che andavano dal mare alle Alpi. Monumento emblematico della latinità, il Tropheum Alpium de La Turbie, oggi purtroppo poco noto ad una società che ha perso la memoria del proprio passato, oltre ad aver smarrito il senso critico, rientra nel retaggio ligustico-celtico-romano. Un retaggio che abbraccia il vasto arco di terra che da Marsiglia porta a Luni (la moderna La Spezia) e che esaltò in Rutilio Namaziano, l'ultimo vate di Roma imperiale, la vocazione straordinaria di una civiltà universale che travalica i minuscoli e meschini interessi particolari. L'Europa dei nostri giorni, per sopravvivere, dovrebbe recuperare, ampliandolo, quell'antico messaggio di accoglienza e di convivenza di cui l'Urbe ci fu maestra.
Casalino Pierluigi

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