AA.VV. Futurist Renaissance. Le avanguardie virtuose (Hyperion edizioni, 2018) il saggio di Pierfranco Bruni


Futurismo, profezia e futuro anteriore
di PIERFRANCO BRUNI

"In un tempo di sradicamenti Gioacchino da Fiore e Dante Alighieri(e Marinetti!)
sono i profeti da rileggere oltre la cronaca della politica " 
(Pierfranco
Bruni)

Non illudiamoci ancora. La nostra epoca ha dimenticato
l'identità culturale e ha perso le eredità filosofiche. Occorre
rileggere e proporre. Gioacchino da Fiore è una presenza
costante nella storia della cristianità. Utopia, eresia, viaggio
nella religiosità. Un viaggio profetico che ha tante avventure da
raccontare. Ma Gioacchino è un modello che caratterizza tutti i
processi culturali che ha poi l'identità cristiana e di fede in tutti i
secoli successivi in una dimensione in cui ricerca della fede
significa anche ricerca di una centralità dei valori della profezia.
Ernesto Buonaiuti in un suo saggio dedicato al De articulis
fidei di Gioacchino da Fiore ha sottolineato: "E se i pontefici
romani si sbarazzarono del gravoso onere della potestà politica e ne
delegarono il mandato agli imperatori, lo fecero unicamente per non
mescolare la milizia di Dio alla burocrazia temporale. Ma il gesto di
Costantino, innalzante il pontificato dalla condizione di soggetto e di
minorato a dignità di potenza e di comando, fu, oltre tutto, un
meraviglioso gesto simbolico, prefigurante il momento in cui, alla fine
del mondo, il Signore Gesù avrebbe trionfalmente e definitivamente
sottoposte tutte le nemiche autorità della terra, ai propri piedi".
In un quadro in cui le tragedie dominano lo scenario si ha
bisogno di ritrovare l'identità del sacro. L'uomo deve superare
le burocrazie temporali e i popoli non hanno soltanto la
necessità di affidarsi alla democrazia o alle democrazie ma
devono recuperare la solidarietà dell'unione che significa
legittimare un futuro grazie ad una eredità che non può che
leggersi nel testo messianico della rivelazione.
Viviamo un passaggio epocale che viene ad essere
contrassegnato da un rapporto tra il contemporaneo e il
moderno. In questo rapporto si inseriscono le tracce tematiche
che hanno caratterizzato il tempo delle civiltà e lo hanno
innescato nelle evoluzioni delle culture. Il contemporaneo e il
moderno ormai fanno parte della nostra esistenza del presente
e nel presente. Si riscoprono i luoghi e i personaggi si rileggono
nella loro storica fisionomia.
L'intellettuale è un giocoliere che sa stare al gioco e i filosofi
esteti ridisegnano il cerchio mentre i teologi discutono
sull'avventura di Dio e i religiosi pongono la questione della
riappropriazione del mistero. In questo nostro tempo c'è una
leggerezza delle idee che va di pari passo con il pensiero debole.
Il moderno e il contemporaneo si servono di questi modelli che
sono i testimoni della stagione delle ideologie.
Siamo attratti dal crepuscolo delle ideologie perché veniamo
attraversati costantemente dalla debolezza o dalla necessità del
contemporaneo. Il senso religioso è senza ideologia perché è
nel di dentro dei segreti che il mistero si rivela. Rivelandosi ci
permette di scoprire o riscoprire il valore della vita, i sentieri
che si intrecciano nelle culture, i significati del sacro.
Un interlocutore che ritorna a dialogare tra il moderno e il
contemporaneo, pur essendo antico, è Gioacchino da Fiore.
Perché, ci si chiederà, riproporre Gioacchino da Fiore in un
clima di confusioni radicali e di post – determinismo
ideologico? Questo tempo che consuma tutto come potrà
dialogare con l'abate cistencense che visse tra il 1135 e il 1202?
Nella cultura occidentale l'abate calabrese resta una figura
centrale. Ed è tale sia per gli scritti che ha lasciato sia per i suoi
comportamenti che sono sempre oscillati
tra l'eretico e l'utopico. E' certamente uno dei filosofi che ha
fatto da apri pista per le problematiche che ha messo in moto
una temperie di conflitti e di contraddizioni etiche, morali ed
esistenziali.
Il tempo della ciclicità è in Gioacchino da Fiore una
motivazione storica e culturale che ha dei presupposti
profondamente religiosi. Le sue tre grandi età sono una
manifestazione che caratterizzerà tutto lo svolgersi della
filosofia vichiana e i relativi orientamenti della critica sul mito,
sul tempo della memoria, sulla rivelazione mistica.
Gioacchino da Fiore nel Liber concordiae Novi ac Veteris
Testamenti offre la meditazione sulla ciclicità. Le età sono gli
"stati del mondo". E' proprio in questo libro che l'abate dichiara:
"Il primo è quello in cui siamo vissuti sotto la legge; il secondo è quello
in cui viviamo sotto la grazia; il terzo, il cui avvento è prossimo, è
quello in cui vivremo in uno stato di grazia più perfetta".
E l'analisi continua su una triplice valenza. E si ha: scienza,
sapienza, intelletto. Così di seguito sino ad arrivare agli ultimi
stati che ci danno questo quadro: "Il primo riguarda il periodo di
settuagesima, il secondo quello della quaresima, il terzo le feste
pasquali. Il primo stato appartiene dunque al Padre, che è autore di
tutte le cose; il secondo al Figlio, che si è degnato di condividere il
nostro fango; il terzo allo Spirito Santo, di cui dice l'Apostolo: 'Dove c'è
lo Spirito del Signore, ivi è la libertà' ".
Infatti le tre età sono riassumibili in questa sfera: l'età del
Padre, l'età del Figlio, l'età finale dello Spirito. Nel corpus di
 questo viaggio c'è l'intelligenza spirituale la cui figura
dell'angelo assurge a simbolo. Anche qui si dimostrano e si
manifestano gli intrecci ciclici. Nell' Expositio in Apocalypsym
si legge: "Nella terra, che è l'elemento inferiore, si designa la lettera
dell'Antico Testamento, nel mare la lettera del Nuovo Testamento,
nell'iride, che compare in mezzo alle nuvole del cielo, il significato
spirituale, che scaturisce dall'uno e dall'altro".
La terra e il mare sono non solo elementi partecipativi nella
ciclicità del confronto tra tempo e civiltà. Sono portatori di
identità e di appartenenza. E proprio per questo Gioacchino da
Fiore costituisce il "proposito" di un radicamento che trova
nell'Antico e nel Nuovo Testamento la Redenzione che ci farà
approdare ad nuova Era. La religiosità senza il mistero non
avrebbe senso. Ma lo stesso viaggio messianico si legge nelle
metafore della terra e del mare. Ovvero dell'acqua e del deserto.
Sono questi i due principi fondanti che ci conducono verso una
rivelazione che non può essere soltanto storia ma soprattutto
fede. Lo svolgersi di questa attesa
messianica ci avvicina non alla realtà storica ma alla memoria
che è lo svolgersi di una rivoluzione cristiana. In questa
dimensione di fede il dibattito tra modernità e
contemporaneismo è una chiave di lettura fondamentale per
afferrare l'importanza del cristianesimo nell'età attuale e
diventa necessaria alla luce dell'offerta problematica che ne fa
Gioacchino da Fiore. Una chiave di lettura che deriva da due
riferimenti centrali. Il simbolo e il sacro.
Ha scritto giustamente Ernesto Buonaiuti: "Impazientemente
proteso verso la veniente libertà dello spirito, Gioacchino intende così il
mondo delle realtà trascendentali, come il passato rivelato e storico,
quali immense e dense parabole, di cui occorre cogliere i significati
riposti e i valori tipici. Tutto, nella parola di Dio affidata alla
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Scrittura… deve essere inteso come una tessitura prodigiosa di simboli e
di sacramenti, la cui realtà non velata sarà posseduta unicamente nel
nuovo regno Spirito, mentre finora è rimasta oscura e indecifrata".
I simboli e le metafore circondano tutta l'opera dell'abate
calabrese. Alla incombente visione di attualizzare il moderno,
nel suo contesto storico e nella nostra realtà epocale, si
contrappone la visione del "sempre" attraverso il messaggio
della evangelizzazione che Gioacchino propone costantemente
anche alla luce dei continui sradicamenti che hanno
attanagliato tutte le civiltà e tutte le età. Ci sarebbe bisogno di
ridare voce al pensiero metafisico della contemplazione per
riconquistare il senso che manca a questo tempo di perdute
memorie e di facili euforie.
La profezia non è un miraggio. E' la metafora che si racconta
nella nostalgia del futuro. Pietro De Leo in Gioacchino da Fiore
Aspetti inediti della vita e delle opere ha sottolineato: "Modello o
no, Gioacchino fu l'abate asceta di un ordine profetico, proiettato nei
tempi escatologici, più che in quest'età che li precede. Gioacchino abate
appare per questo un precursore, anche se per molti aspetti la sua vita e
il suo messaggio costituiscono ancora oggi un problema".
Forse fu un eretico. Ma di una eresia di cui questo nostro
tempo ha perso il valore. Le sue utopie sono state sconfitte dalla
burocrazia del potere. Come avvenne per Dante, di cui il
legame con l'abate è una testimonianza spirituale ed etica,
l'eresia e l'utopia rappresentarono un modello di vita. Ma sia
Dante che Gioacchino oggi non sono moderni o contemporanei
o attuali. Sono i profeti che hanno disegnato le immagini nelle
quali ci perdiamo. Restano i profeti oltre la cronaca della storia.
Esattamente come ... Marinetti, quando incendiò il mondo
lanciando il futurismo ma anche rilanciando nella modernità la
profezia che - oggi dopo oltre 100 anni - lo sappiamo, viene da
lontano, anche per il nostro tempo, almeno dal Rinascimento...

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