Marinetti, Papini, Morasso e il Futurismo tecnoanachico precursore

REDAZIONE


fonte L'Intellettuale Dissidente


ESTRATTO


nell'ottobre del 1913 Marinetti, fondatore del grande movimento artistico e culturale futurista, indirizzò a Papini una lettera in risposta all'articolo del 1° ottobre di quello stesso anno, pubblicato su Lacerba, dal titolo Freghiamoci della politica, scrivendo:

No, carissimo Papini: non possiamo fregarci della politica, né gridarlo come un invito pessimista ai giovani. Sono molti, questi, e molte migliaia, che ci domandano con angoscia e con fede una direttiva, un grido entusiasta, non soltanto artistico, ma anche politico e nazionale. L'arte è legata alla politica, e per quanto quest'ultima sia ora in ribasso in Italia, come del resto in molti altri paesi, la partita è tutt'altro che perduta.

Queste parole, unite al caotico appello ad una nuova Italia futurista, grande, geniale, prima nel mondo, inesauribilmente ricca di genii, rappresentò a tutti gli effetti una dichiarazione d'intenti: il sogno di trasformare un insieme di concezioni artistiche, ideali e di fermenti culturali in un progetto per la rinascita dell'Italia.

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I presupposti politici erano in realtà già insiti nel movimento futurista, che nacque ufficialmente il 20 febbraio del 1909 a Parigi su iniziativa del già citato Filippo Tommaso Marinetti, e rappresentano nei fatti il trait d'union tra quasi tutti i movimenti politici e culturali italiani del primo Novecento, facenti capo ad un senso tragico, attivistico e superomistico della civiltà occidentale sull'orlo del baratro. Il trionfo del nazionalismo fu la reazione più importante al malcontento contro il passatismo e la stagnazione politica dell'Italia giolittiana e anche nel futurismo ciò si manifestò in una concezione aggressiva ed attivista, sintetizzata nelle parole del sociologo nazionalista (in parte un anticipatore di Marinetti), Mario Morasso:

Il secolo decimonono fu il secolo della utopia democratico-umanitaria, il secolo ventesimo sarà il secolo della forza e della conquista. Guai a quelli che non saranno forti; individui, classi sociali e popoli saranno travolti irresistibilmente sotto il dispiegarsi delle nuove terribili correnti di energia, che si contenderanno il dominio della vita e del mondo.

Il nemico del futurismo era ovviamente un'idea museale ed erudita della storia e della cultura italiane, incarnata maggiormente nel mito dell'antica Roma dall'associazione nazionalista di Corradini. Il nazionalismo futurista fu, in effetti, proiettato quasi interamente verso la modernità, giacché, ancora nelle parole di Morasso:

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