fonte Sentieri Selvaggi
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Se si dovesse azzardare una secca definizione di cosa ha rappresentato Blade Runner per la storia del cinema e per la cultura di massa degli ultimi decenni, beh, forse sarebbero proprio queste le parole giuste per inizare a ragionare. Il film di Ridley Scott è stato (ed è tuttora) uno sconfinato deserto ipotetico di segni, narrazioni, emozioni, generi, teorie e umori che ha marchiato ogni riflessione sul cinema dall'alba del postmoderno anni '80 sino alla smaterializzazione esperienzale dei nuovi ambienti mediali (il "replicante" Netflix in testa). Insomma dal 1982 a oggi le varie versioni di Blade Runner – almeno cinque, caso più unico che raro – hanno segnato molti salti di paradigma nella nostra percezione dell'immagine: dal film come traccia-di-reale da associare indiscutibilmente al suo doppio immaginario (Rick Deckard è un uomo, Roy Batty un replicante) nella versione del 1982; al dubbio ontologico che inizia a innervare il cinema (anche Deckard è per caso replicante?) nella director's cut degli anni '90; sino al necessario dislocamento di queste questioni su un terreno meramente estetico (che cosa resta di umano in quest'immagine ormai digitalizzata ed evidentementre replicante?) nella Final Cut del 2007.
E oggi? Come replicare questi ragionamenti a rivoluzione informatica già avvenuta?
http://www.sentieriselvaggi.it/blade-runner-2049-di-denis-villeneuve/
www.sentieriselvaggi.it Villeneuve ci regala un unicorno ben innestato nei nostri ricordi, un film che si ha già voglia di rivedere, perché sa intelligentemente attualizzare lo sconfinato ... |