LA POLITICA ESTERA DEI SOVIET NELLE MANI DI CICERIN.

E' stato detto che Cicerin trasportò nel nuovo regime l'eedità della diplomazia zarista e fu resonsabile dell'elemento di continuità esistente tra la politica estera pre-rivoluzionaria e la politica di potenza della Russia sovietica durantela sua storia. Suggestioni della vecchia diplomazia russa non potevano certo mancare in lui: Figlio di un diplomatico dell'entourage di A.M. Gorcakov e autore egli stesso di una biografia del ministro degli Esteri di Alessandro II, aveva lavorato per molti anni come archivista nel ministero degli esteri russo. D'altro canto, i numerosi legami da lui stretti nel periodo dell'emigrazione con i menscevichi vicini a Martov, e poi a Londra, con l'ala sinistra pacifista di Mac Donald del partito laburista, non potevano non lasciare un segno sulla sua formazione politica. Descritto come un fantasma diplomatico ottocentescoin un ambiente novecentesco a lui poco congeniale, Cicerin fu colui che con maggior lucidità intravvide l'ineludibile esigenza che il governo sovietico, una volta disattese le aspettative su eventuali rinforzi da parte del proletariaro europeo, ricercasse vie per una "coesistenza pacifica" diplomatica con il mondo capitalistico. Aldilà delle sue più recenti convinzioni in senso rivoluzionario, Cicerin incarna lo spirito eterno della burocrazia russa che travalica i regimi (che passano): la sua visione dell'amministrazione delle relazioni internazionali sarà poi nella continuità ripresa da altri esponenti sovietici, non ultimo quel Gromyko che resterà il principe insuperato della politica estera imperiale della Russia non solo sovietica.
Casalino Pierluigi