PER L'ITALIA LA CINA E' SEMPRE STATA VICINA. -1

Al tempo degli imperatori della dinastia degli Antonini, ma anche in precdenti occasioni, il Celeste Impero aveva informazioni sull'Impero Romano e le sue leggi. In proposito il caso più noto è quello della descrizione della cancelleria imperiale romana che ne fa un testo cinese dell'epoca Han posteriore. Non mancano altri momenti di contatto tra l'Italia (e l'Occidente in genere) con la Cina, anche quella sotto il dominio mongolo (Marco Polo), per arrivare a Padre Matteo Ricci, autentico missionario di cultura e di fede in un mondo piuttosto ostile, stante l'assenza di un vero e proprio credo religioso presso i cinesi, ma anche e soprattutto per la diffidenza che le locali autorità e pubblica opinione hanno sempre nutrito verso culti stranieri (numerosi missionari italiani, tra cui il ligure Lantrua, furono martirizzati in Cina con l'accusa di propaganda a favore dello straniero). Argomento già altra volta trattato, sotto vari aspetti, anche su Asino Rosso. Interessante è comunque ricostruire i rapporti italo-cinesi dall'inizio del XIX secolo in avanti. Prima degli anni Trenta, le relazioni dell'Italia con la Cina furono, tuttavia, nonostante il felice passato di contatti, assai limitati. I problemi interni conseguenti all'unità ancora recente e gli scarsi interessi commerciali nella zona avevano fatto sì che che l'Italia restasse ai margini delle iniziative europee (soprattutto di conquistacoloniale o imperialistiche ai danni dei cinesi) rivolte alla Cina ed all'Estremo Oriente: Ai margini, ma non del tutto assenti: il 1866 vede la firma di due trattati, con la Cina ed il Giappone; il 1873 vede, però, una spedizione navale italiana in Malesia e Nuova Guinea, con evidenti mire colonialiste subito abbandonate; il 1899 una richiesta di concessione d'una base navale fu rifiutata dal governo cinese dell'epoca. Solo con la partecipazione del contingente italiano contro la rivolta dei Boxer l'Italia ottiene una concessione sulla riva sinistra del fiume Hai, a Tientsin, il diritto di guarnigione sulla ferrovia Pechino-Mukden e un indennizzo pari al 5, 91% dell'Indennità Boxer, fissata dal protocollo finale del 1901. Al 1900 risale pure il diritto italiano di proteggere le proprie missioni, che in precedenza - come tutte le missioni cattoliche-, sottostavano per lunga tradizione alla protezione francese. Esistevano, dunque, le basi per iniziare una certa attività diplomatica e commerciale, anche se non di vasta entità: nel 1910 i residenti italiani in Cina erano 274, mentre le società italiane presenti su quel mercato erano 22. Le navi italiane ( su una di esse navigò mio nonno materno Pelle Lorenzo, che, tra l'altro, fu uno di quegli uomini che vennero incaricati di recuperare i cadaveri dello scontro navale avvenuto nel Mar Cinese tra le flotta russa e quella giapponese, con la schiacciante vittoria di ques'ultima) che raggiungevano i porti cinesi rappresentarono, nel 1905, lo 0,03 e nel 1910, lo 0,02 % dell'intero numero di entrate cinesi e straniere. La marina mercantile italiana, in quegli anni, era infatti impegnata nella rotta opposta: era l'epoca della grande migrazione e del grande sviluppo commerciale verso gli Stati Uniti d'America-1 segue
Casalino pierluigi