CONCEZIONE ROMANA DELL'AMICIZIA

Se in diversi punti particolari scopriamo analogie fra Cicerone ed altri scrittori anteriori e posteriori che svolsero il medesimo argomento dell'amicizia, possiamo dire che la concezione fondamentale dell'amicizia cambia passando dalla letteratura greca a quella latina. I Romani, com'è noto; erano spiriti pratici e trattavano con amore i problemi attinenti alla vita morale e politica. Questa particolare tendenza del loro animo riflette ad esempio Orazio, allorché dice che alla sera nel suo Sabinum, fra lui e i vicini, si fanno quattro chiacchiere e non si discutono argomenti futili, bensì quelli che ci riguardano più da vicino e che è vergognoso ignorare, e cioè "se gli uomini sian felici in grazia alle ricchezze ovvero alla virtù, che cosa ci spinga a contrarre le amicizie, se l'utile oppure l'onesto, e qual sia la natura del bene e quale il sommo bene". i romani poi consideravano come l'amicizia servisse a rinsaldare i vincoli fra i membri di quella grande famiglia che è lo Stato e, poiché essi subordinavano tutta l'attività ai fini politici, davano colorito politico anche a questa trattazione morale. La vita pubblica ai tempi di Cicerone era un contrasto fra due partiti, l'aristocratico e il democratico, ciascuno dei quali credeva di lottare per un ideale di giustizia: amicizia perfetta si credeva soltanto quella che univa due o più individui non solo della stessa indole, ma anche dello stesso partito. Cicerone è poi aristocratico per eccellenza e, al pari di tutti gli aristocratici, pensava che i democratici fossero turbolenti, intesi a distruggere la costituzione repubblicana. Di i giudizi sfavorevoli ed ingiusti che egli pronuncia anche a riguardo di Tiberio Gracco. Sono dunque da tenere presenti questi concetti se si vuole comprendere il senso dell'amicizia a Roma.
Casalino Pierluigi