Ultimamente, ma non solo ultimamente, l'immagine dell'Arabismo e dell'Islam, in genere, viene rilanciata in Occidente in chiave negativa e non di rado allineata a stereotipi facilmente proposti da luoghi comuni. Si ignora spesso infatti che i costumi dei musulmani non sono così diversi dai nostri come erroneamente si pensa, anche alla luce dell'eco di gesta di gruppi fanatici che non interpretano correttamente il pensiero del comune musulmano. Fatti salve le pur evidenti ed esistenti rivendicazioni, talora non di minoranza, di promuovere iniziative più legate alla politica che alla fede religiosa, il mondo islamico è piuttosto estraneo al fondamentalismo armato e ideologico almeno nella parte più diffusa. Si è spesso da noi tramandato un concetto di Islam e conseguentemente un'idea del suo Fondatore, Maometto, che ha prevalso nei secoli anche a seguito di contenziosi più vicini allo scontro di interessi che al reale confronto culturale o confessionale. D'altro canto, è parimenti vero che molti musulmani oggi si abbandonano e non solo privatamente ad un certo radicalismo, talvolta strumentale, nel tentativo di scoprire (o di riscoprire) una nuova identità. Si tratta di un tema caro ai cosiddetti movimenti fondamentalisti di questi ultimi decenni. Non è qui il caso di soffermarci su un pugno di sciagurati fanatici che occupano le cronache recenti, ma di analizzare il senso di frustrazione e di umiliazione dei musulmani, dovuto al degrado di quel mondo al cospetto del potere (e solo in misura inferiore della civiltà) dell'Occidente. I musulmani, forse anche per un mancato sviluppo di un adeguato senso critico, si sono sentiti disorientati e perduti, dal momento che sembra che le loro tradizioni siano state travolte dal modo di vivere occidentale dominante, anche se in larga misura fino a qualche tempo fa tale costume era riuscito far breccia negli animi della grande maggioranza dei fedeli dell'Islam contemporaneo. Il cambio di leadership nel mondo arabo e islamico, da quella egiziana nasseriana e post-nasseriana a quella saudita (durante la guerra fredda soprattutto), ha contribuito, peraltro, a far tornare indietro il pendolo della storia. Per tale ragione si assistono ad anacronistici ritorni al passato con la convinzione che l'Islam possa recuperare un volto credibile ed efficiente. Il fenomeno del fondamentalismo islamico, dunque, è complesso e di non semplice spiegazione; è sgorgato certamente da una grande sofferenza e in qualche musulmano esso racchiude un bisogno disperato e non ben meditato di rivendicare il diritto di essere arbitri del proprio destino. Alcune di queste nuove forme di radicalismo, comunque, non sembrano solide, bensì cariche di insicurezza e scoraggiamento, oltre che di ignoranza degli stessi fondamenti della religione islamica. Che si tratti di una caricatura dell'Islam è verità assodata. Quel che preoccupa è che il fenomeno sembra non essere così radicato nei paesi d'origine dell'idea islamica, ma si rinviene e rinasce in Occidente. Tutto ciò fa dimenticare quel senso della ragione che l'antico Arabismo classico aveva posto in luce e cioè che Occidente ed Islam discendono da una tradizione comune, messa in discussione da una serie di equivoci storici da cui non ci si riesce, da entrambi i versanti, di liberare. Un buon punto di partenza può essere forse proprio Maometto e il suo lascito. Maometto, aldilà dei pregiudizi, o del mito occidentale, fondò una religione e una tradizione culturale che, malgrado tutto, non erano sinceramente fondate sulla spada e il cui nome, "Islam", significa pace e riconciliazione. Circostanze, queste ultime, che probabilmente nella storia non sempre sono state verificate adeguatamente, ma che, soprattutto oggi, vengono contraddette da dei rinnegati oscurantisti armati (frutto anche di segrete regie improntate alla realpolitik) che paiono abbeverarsi più al fanatismo ideologico delle statolatrie perverse dell'Occidente che ad una, se pur scorretta, del Corano.
Casalino Pierluigi
Casalino Pierluigi