IL MISANTROPO (DYSCOLOS) DI MENANDRO E LA CONDIZIONE UMANA NEL TEATRO ANTICO

La rilettura dei classici per riscoprine non solo l'attualità, ma anche l'eterno messaggio di cultura e di conoscenza è richiesta sempre di più in un mondo che ha perso il senso della rappresentazione della logica e della ragione, oltre che della creatività, schiavo com'è soltanto di un'immaginazione distorta dai media. Il teatro classico ci propone ancora un esempio insuperato e forse insuperabile della condizione umana. A questo proposito, senza voler scomodare i più grandi autori del dramma e della commedia dell'Antichità, piace ricordare l'emblematica lezione di un autore, spesso considerato minore, Menandro, che ci ha lasciato un'interpretazione assolutamente moderrna del teatro.
E nella storia del teatro un particolare rilievo assume il Misantropo (Dyscolos in greco), testo menadreo comico che appare ai posteri come il prototipo di un teatro della realtà singolarissimo. Nella storia del teatro, il Dyscolos occupa un posto (ed unruolo, a dire il vero) particolare: non solo perché è l'unica commedia sfuggita al quasi totale naufragio dell'opera di Menandro, ma anche per straordinarie (e fondamentali) novità strutturali e sceniche che la slegano dalla tradizione commediografica precedente. Nella vicenda del burbero (e antipatico) Cnemone, il dyscolos (misantropo) del titolo, che si rifiuta di accordare il matrimonuio della figlia al suo innamorato Sostrato, salvo poi ricredersi quando il giovane lo tira fuori dal pozzo in cui è caduto, la scena teatrale è concepita come un tuttu unico con lo spazio che lo circonda. Si realizza in questo modo, per la prima volta, quella perfetta mimesi tra la vita quotidiana e la scena, che tanta fortuna avrà nel teatro moderno. Ci sono in questa preziosa pagina teatrale di Menandro novità anche ideologiche che saranno alla base del teatro moderno e di quello a noi contemporaneo.
Casalino Pierluigi