IL SENSO DELL'INFERNO OVVERO IL GHIACCIO DELL'IGNORANZA

"L'Inferno è già qui e lo abitiamo tutti i giorni, lo formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo è facile.accettare l'Inferno e diventarne parte fino a non vederlo più. Il secondo esige attenzione e apprendimento continuo: cercare e riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'Inferno, non è Inferno, è farlo durare, e dargli spazio". Ad esprimersi in questi termini è nientemeno che Marco Polo davanti a Kublai Khan nelle "Città Invisibili" di Italo Calvino, il grande scrittore di Sanremo. J.P.Sartre, dal canto suo, non aveva dubbi:"L'Enfer, c'est les autres!". In realtà c'è un Inferno anche dentro di noi che irradia sugli altri la sua nefasta influenza. Rassegnarsi o lottare. questo è il dilemma del Marco Polo di Calvino. E' la seconda via quella da intraprendere, così da allargare ciò che non è Inferno e che forse può essere semplicemente definito con le parole del curato d'Arles di Bernanos:"L'Inferno, signora, è non amare più". E così diceva il mio "laico" (più laico dei laici, pur essendo un prete) professore di filosofia del liceo classico dei padri salesiani di Alassio, il compianto Don Paolo Natali, toscano verace e figlio di un anarchico rivoluzionario ed antifascista fino alle radici: "C'è l'Inferno quando facendo qualcosa di male non senti più rimorso, cioè aver già ucciso il ricordo di Dio nella tua coscienza". E così anche un laico, che non abbia un particolare credo religioso o che sia pervaso di razionale scetticismo "creativo", muove dal "dubium" agostiniano e arriva alla verità con la ragione e non con la fede. L'Inferno, dunque, anche per un non credente, è quella dimensione negativa e terribile che fa terra bruciata all'interno di sé e fuori di sé, senza evocare o meno l'esistenza di quella speciale creatura demoniaca chiamata dalle religioni rivelate "diavolo". l'Inferno per concludere, sempre recuperando l'insegnamento di Don Paolo Natali, è l'assoluta mancanza del senso della ragione, di quella ragione che prima e più profonda prerogativa dell'intelletto ci apre la strada della conoscenza: e la conoscenza è il fondamento della capacità di comprendere la natura dell'uomo e delle cose. Quella conoscenza che ci rende parte di quella realtà universale che pone in sintonia, secondo le parole di Cartesio e di Giordano Bruno, con tutti gli esseri viventi e il resto del cosmo. In assenza di ciò anche la ragione, oltre che il sentimento, rimangono eternamente ibernati nel ghiaccio dell'ignoranza.
Casalino Pierluigi, 3.12.2016