Che non possiamo non dirci cristiani lo diceva anche Benedetto Croce: un'Europa che tenne alto il primato della civiltà grazie questa rivisitazione delle proprie radici gotiche e greco-romane ad un tempo come riconobbero anche gli Illuministi. Ed è rimasto del XVIII secolo il senso dell'Europa come di un gran corpo civile, culturalmente unico, se pur politicamente diviso in tanti Stati, tutti legati da un continuo ed incessante intreccio di relazioni che si esprimevano in una sorta di diritto pubblico europeo e in una dottrina dell'equilibrio che la scienza conduceva per mano sulla via del progresso. L'europeo acquisisce nel XVIII secolo una piena coscienza di sé e al di sotto del ritrovato cosmopolitismo si manifesta un sentire di grande forza e sensibilità, mentre una differenziazione si mostra con il corpus nordamericano che si esprime con una più veloce capacità di fare progresso. L'irrompere del nazionalismo, lacerante virus letale, che ferì il sentire europeo in profondità, e ancor peggio l'evidenziarsi di un atteggiamento inverosimile degli intellettuali moderni, che è stato chiamato da Benda il tradimento dei chierici, perché divennero uomini di parte, furono elementi di involuzione grave del costume europeo del XX secolo. Ma, ciò nonostante, il soffiare dello spirito europeo forgiato dal cristianesimo e dalla cultura greco-romana, oltre che dal lascito di apertura e tolleranza a grande prezzo maturato dal XVI secolo in avanti, non cessa di alitare con l'idea di democrazia verso un Continente che affronta nuove e più aspre crisi di identità e sfide inedite per la propria storia millenaria.
Casalino Pierluigi, 30.11.2016
Casalino Pierluigi, 30.11.2016