Bob Dylan Premio Nobel Letteratura: Luci e molte ombre

 di Mary Blindflowers


Ho sempre pensato ai vecchioni del Nobel di Stoccolma come a 4 parrucconi affetti da incipiente e invalidante artrite reumatoide, destinati dai loro sacri scranni platinati alla santificazione dell'arte, della pace e della letteratura universali, o meglio di ciò che essi giudicano artistico, pacifico e letterario.
Siccome non credo ai santi e neppure ai miracoli e alle verità apodittiche, sancite a grandi lettere sulla carta un poco stantia dell'ufficialità e della verità insindacabile, trovo che la nuova tendenza di "stupire senza stupire" che abbiano adottato ultimamente lì in Svezia, abbia un tocco di inquietante patetismo. Si subodorava già da tempo il Nobel a Dylan, giudicato non si sa bene a che titolo, "poeta".
Certo, le sue canzoni hanno "qualcosa di poetico", non lo si può negare, tuttavia quel "qualcosa", quel quid inespresso che farebbe dei suoi testi pura poesia, appare, al di là della simpatia che si può provare per lui come musicista, una forzatura dettata dal tentativo di svecchiare il Nobel, renderlo gradito anche a chi lotta contro la cultura accademica e i tromboni muffosi e incartapecoriti che la rappresentano.
Ciò che distingue l'arte da ciò che arte non è, è la sperimentalità, l'innovazione.
Dove sta la sperimentalità nelle poesie di Dylan che oltretutto pensa perfino di essere un poeta, autoetichettandosi: "Se mi sento un poeta? Qualche volta. È parte di me. È parte di me il convincere me stesso che sono un poeta.
Un poeta non deve convincere nessuno, nemmeno se stesso di essere un poeta, un poeta in realtà non si autodefinisce tale e non si sforza di dimostrare niente a nessuno, tanto meno a se stesso. E poi continua, dicendo ironicamente che i poeti non vanno al supermercato, non parlano al telefono, non fanno picchetti, etc., dando ad intendere che l'innovazione sarebbe lui, lui che fa musica per le masse, lui che scrive:


Sulla duna sdraiato al cielo rapito

i bambin giocavano con la sabbia e le bici,

arrivasti da dietro

e ti ho vista passare,

eri allora vicina da poterti toccare,

Sara, Sara, dimmi cosa ti ha fatto cambiare...


Questa è una canzonetta ma non è poesia, non c'è ricerca sul linguaggio, il testo è banalmente sentimentale.


E ancora:




Ma la poesia qui dov'è?

Questa è prosa che va a capo, chiunque può scrivere questi chiamiamoli così "versi".

Forse è per questo che Dylan si sforza di dire a se stesso ogni giorno "sono un poeta, sono un poeta", a forza di dirlo ha convinto tutti, perfino gli artritici del Nobel che con sapiente strategia, hanno pensato di assecondare con questa manovra le icone della cultura di massa, in modo che tutti gli intellettuali "progressisti", dicessero con gioia, "finalmente la poesia esce dai libri, dalle accademie, dai salotti dei vecchi tromboni, evviva Stoccolma ringiovanita!", Stoccolma che premia chi arriva al cuore della gente.

Ebbene, non ci casco, sono strategie politiche queste, oltretutto già troppo annunciate per riuscire a stupire. Bob Dylan, già inserito da tempo nelle antologie e nelle lezioni universitarie, è riuscito a beccarsi un Nobel per la letteratura senza aver mai scritto una vera raccolta poetica o aver fatto mai letteratura. "Il corruttore di linguaggi in cravatta e gilè" non ne ha mai inventato uno suo, però da oggi è ufficialmente poeta.
Non vi illudete che si sia voluto combattere un sistema, è tutto un bluff. Sta accadendo ciò che è accaduto alla Street-art che adesso viene snaturata nei musei e inglobata dal sistema. Nata come contro-arte ribelle ora è ufficialmente arte, il sistema, non potendo combatterla l'ha assorbita, anche se c'è ancora qualcuno che resiste, mantiene l'anonimato e non ci sta. In pratica ciò che il sistema non può combattere lo ingloba, un po' come fanno le religioni coi sincretismi... Lo stesso è accaduto a Dylan, inglobato come classico innovativo e nuova poesia nelle antologie di quella stessa cultura accademica e ufficiale che egli ha sempre voluto combattere. Già le sue parole al vento le lessi nella mia antologia delle scuole medie, insomma, qualche anno fa... E allora di cosa stiamo parlando? Di poesia? Signori, siamo seri, andiamo oltre gli abboccamenti del sistema.

(Mary Blindflowers)