L'influenza di Platone sul pensiero politico di al-Farabi

Al-Farabi nella sua Al madinah al fadilah (La città perfetta o
altrimenti detta La città virtuosa) esprime la somma del suo
pensiero,al cui vertice c'è la metafisica, ragion d'essere della sua
speculazione generale. Sta di fatto che la metafisica e la politica
sono in questo autore strettamente connesse, in quanto la politica ha
come suo primo scopo quello di assicurare la felicità; e ove mancasse
il suo pieno conseguimento in questo mondo, essa deve almeno fornire
una struttura il più possibile vicina a quella della "città perfetta"
a cui si è fatto cenno. E la "vera felicità" (che in parte copre il
sistema dell'etica) è per al-Farabi proprio la conoscenza dell'oggetto
supremo: la divinità. Siamo quindi ricondotti a quella metafisica
islamica (a cui è formato il filosofo arabo, naturalmente), già intesa
etimologicamente come "studio delle cose divine". La politica
farabiana, peraltro, è intimamente legata alle idee di Platone, in
particolare a quelle insegnate nella Repubblica, per quanto
trasformate alla luce della nuova fede islamica. Al-Farabi differenziò
gli stati a seconda dei beni che perseguono, intendendo la giustizia
come distribuzione e preservazione dei beni comuni (compresi i
possessi materiali), da conseguire con l'esercizio delle virtù e con
la divisione del lavoro secondo la logica della valorizzazione e del
riconoscimento delle rispettive capacità. Sotto altro aspetto, essa è
concepita come esercizio delle virtù da parte degli uni verso gli
altri - e si intende in tal caso il rispetto delle divisioni, in base
alle diverse attitudini naturali dei singoli individui. Naturalmente,
al-Farabi rinnega e condanna la guerra con fini di conquista e di
dominio, e l'accetta solo come autodifesa (concetto ben lontano da
certi moderni stereotipi deformati dalla politicizzazione dell'Islam).
Il filosofo arabo, dunque, che bisogna anche perseguire il "sommo
bene" in modi diversi da quelli enunciati nelle sue opere e distingue
perciò i possibili stati in relazione "al bene" che perseguono. Si
hanno così le aristocrazie e le timocrazie, che aspirano alla gloria;
le plutocrazie, che puntano alla ricchezza; le monarchie ereditarie,
che aspirano all'educazione, e le tirannie che aspirano alla
conquista. In altri stati, infine, come le democrazie, caratterizzate
dalla ricerca del piacere; ci sono, ovviamente, anche altre forme,
dette miste. Non mancheranno, comunque, le "corruzioni" delle
sopracitate forme di stato, quali, ad esempio, le "città
dell'ignoranza", traviata dai falsi piaceri; quella della
"ribellione", in cui gli abitanti, pur avendo conosciuto la verità su
Dio, aldilà e la vera felicità, non sono riusciti a vivere in armonia
a tali contenuti; la città "rinnegata" poi è quella che, vissuta in
origine secondo i principi religiosi o morali, è successivamente
deviata; infine la "città errante" a quella che ha avuto solo
un'immagine falsa di Dio e della vera felicità ed è stata governata da
un falso profeta. Gli abitanti degli stati "imperfetti" potranno
emendarsi e purificarsi attraverso successive reincarnazioni; ma se
invece di elevarsi degenereranno al livello bestiale, involvendo e non
evolvendo, con la conseguenza della morte della loro anima. Gli
abitanti della "città perfetta" sono, al contrario, coloro che hanno
capito che il vertice della felicità consiste nel cogliere la natura
immateriale della ragione attiva. Tale felicità è naturalmente
destinata ad accrescersi nella vita ultraterrena, ma viene preparata
con il progressivo distacco dai beni materiali, da realizzarsi già in
vita, prima di attuarla nell'altra vita. (le anime che al momento
della morte del corpo sono ancora impure sono destinate a nuove
reincarnazioni - concetto che riecheggia la dottrina cristiana del
Purgatorio e, mutatis mutandis, quella induista della metempsicosi non
solo individuale, ma anche sociale). Così facendo, realizzano nella
loro "città perfetta" la massima felicità possibile in questo mondo, e
si candidano anche alla sopravvivenza dopo la morte; si ricordi che
al-Farabi mette nel grado di apprendimento intellettuale conseguito da
ogni anima l'elemento discriminante per la sua immortalità dopo la
morte del corpo. Per concludere, aldilà delle considerazioni
filosofiche, va riconosciuto ad al-Farabi il merito, insieme ad Ibn
Rushd (l'Averroè dei latini), di aver ritrasmesso all'Occidente il
pensiero politico greco e le sue grandi intuizioni.
Casalino Pierluigi, 4.10.2015