Luigi Desambrois, figura eccellente in seno ai consiglieri di re
Vittorio Emanuele II, si opponeva in linea di principio alla cessione
di Nizza e Savoia, decisione maturata nel 1859 al fine di ottenere
l'appoggio francese nella guerra contro l'Austria. Il Desambrois si
batteva contro tale cessione allo scopo di scongiurare ad un tempo le
eventuali future pressioni francesi sul Moncenisio e quelle austriache
sul Garda: ma accettò, suo malgrado, di recarsi a Parigi, quale
plenipotenziario piemontese su incarico del re, per significare la
contrarietà di Torino alle condizioni austriache seguite
all'armistizio di Villafranca, ma anche (e soprattutto) per
manifestare la perplessità piemontese a perdere le due province, dopo
il disimpegno di Napoleone III, a sua volta preso di mira da
un'opinione pubblica interna contraria al recente conflitto, non
comprendendone il senso. Nell'udienza particolare concessa al messo
piemontese, Napoleone III sottolineava che "La Savoie voudrait e^tre
annexée à la France et qu'il serait le cas de seconder cette
inclination". Il Desambrois contestava all'imperatore dei francesi il
fatto dicendo che "la mjorité des habitants de la Savoie désiderait
rester sous le sceptre de l'auguste dynastie qui porte son nom, e
spingeva il Dabormida di spingere il re a fare il possibile per
evitare tale cessione, magari ricorrendo alla proposta di
neutralizzazione. Successivamente Napoleone III scriveva a Vittorio
Emanuele II per comunicargli che il su nuovo programma:accettare in
primis il principio di intervento, e quindi provocare una votazione
generale nelle province dell'Italia centrale sul loro futuro destino;
rinunciare francamente a nuovi ampliamenti negli Stati vicini;
lasciare infine a Nizza e Savoia la stessa libertà della Toscana,
uniformandosi ai voti liberamente espressi dalla popolazione. Per
quanto riguardava le Romagne, dopo la consultazione, bisognava
isitituirvi il vicereame, sotto la sovranità del Papa, finché questi
non avesse accettato la perdita di tali province. Sull'argomento e in
particolare sull'annessione di Nizza e Savoia alla Francia si veda
numerosa letteratura: alcune in particolare, che trattano sulle
relazioni franco-piemontesi, quali Guichonnet, L'annexion de la Savoie
à la France, Etats des questions, 1958, Bull. de l'histoire moderne,
Amicucci, Nizza e l'Italia, 1939 e L'annexion de Nice en 1860, in
Revue des deux mondes, 1896.La regina Vittoria, nel ribadire a sua
volta la contrarietà alla Francia in relazione alle sue mire
espansionistiche, estendeva tale contrarietà allo stesso Piemonte,
osservando che il "principio di non intervento" vietava
all'Inghilterra di aiutarlo (leggi Ardemagni, L'opposizione inglese
alla cessione di Nizza e Savoia),1932. L'atmosfera nel Regno Unito era
veramente tesa, al punto che si accusava Napoleone III "de vues
usurpatrices sur le Rhin..." e sconsigliava a Cavour dall'accettare
qualsiasi "scheme for separation of Nice an Savoy from the Crown of
Sardinia". Non mancavano in Inghilterra posizioni più moderate, che,
pur concordando con il biasimo per la subdola condotta di Napoleone
III in questa vicenda, osservavano che il suggerimento della regina di
tenere una linea comune con la Prussia poteva apparire come una
pericolosa alleanza antifrancese; d'altronde la cessione della Savoia
e sotto certi anche di Nizza non era così certa. Emanuele d'Azeglio
scriveva a Cavour rappresentando l'accusa francese al Piemonte di
mettere Parigi in cattiva luce presso gli inglesi sul tema soprattutto
della Savoia. Anzi Napoleone III fece sapere a Lord Cowley di essere
disposto a rinunciare alla Savoia se fossero fatti rientrare i duchi
spodestati in Italia centrale. In caso contrario avrebbe insistito per
l'annessione. Il d'Azeglio respingeva le accuse rivolte a Torino. La
questione, ancora oggi aperta tra gli storici, viene legata ad una
compiuta interpretazione degli accordi di Plombières, oltre che ad una
seria e approfondita analisi delle reazioni diplomatiche di tutte le
parti. Tra queste quello zar di Russia che protestava per quanto
avveniva a proposito dei domini pontifici e della sorte del Papa,
circostanza che sorprendeva, considerato il minor interessamento verso
i duchi spodestati. Qualche mese più tardi l'Inghilterra avrebbe
espresso un atteggiamento meno rigido, facendo di accontentarsi della
sola cessione della Savoia, senza il Nizzardo. I rapporti
anglofrancesi, nel frattempo, peggioravano sempre di più, con rischi
sulle reazioni commerciali tra i due Stati. Prendeva anche corpo una
linea di contrarietà all'espansione (o ingrandimento) piemontese in
Italia che si sarebbe fermata lasciando almeno Nizza al Regno di
Sardegna. D'altra parte lo stesso Napoleone III cominciava a palesare
le sue intenzioni personali sul regno delle Due Sicilie, che l'unità
italiana avrebbe potuto ostacolare. Insomma un rebus irrisolvibile
quello di Nizza e Savoia. Su queste Napoleone III ebbe tuttavia a
confermare che lo scopo principale (e finale) della sua azione era
comunque quella dell'annessione di Nizza e Savoia. A detta, infatti,
del Sacconi, le truppe francesi erano già pronte ad entrare nelle due
province. E anche per tale ragione l'Inghilterra, ormai rassegnata
all'annessione della Savoia, compiva un estremo tentativo di impedire
almeno quello di Nizza, ricorrendo ad argomentazioni diplomatiche per
illustrare la diversità delle due posizioni internazionali di Nizza e
Savoia. Le cose tuttavia non andarono così e il problema, subendo
altri e nuovi condizionamenti, fu risolto nel modo che la storia ci ha
mostrato. E anche su questo non si mancherà di tornare.
Casalino Pierluigi, 14.10.2015
Vittorio Emanuele II, si opponeva in linea di principio alla cessione
di Nizza e Savoia, decisione maturata nel 1859 al fine di ottenere
l'appoggio francese nella guerra contro l'Austria. Il Desambrois si
batteva contro tale cessione allo scopo di scongiurare ad un tempo le
eventuali future pressioni francesi sul Moncenisio e quelle austriache
sul Garda: ma accettò, suo malgrado, di recarsi a Parigi, quale
plenipotenziario piemontese su incarico del re, per significare la
contrarietà di Torino alle condizioni austriache seguite
all'armistizio di Villafranca, ma anche (e soprattutto) per
manifestare la perplessità piemontese a perdere le due province, dopo
il disimpegno di Napoleone III, a sua volta preso di mira da
un'opinione pubblica interna contraria al recente conflitto, non
comprendendone il senso. Nell'udienza particolare concessa al messo
piemontese, Napoleone III sottolineava che "La Savoie voudrait e^tre
annexée à la France et qu'il serait le cas de seconder cette
inclination". Il Desambrois contestava all'imperatore dei francesi il
fatto dicendo che "la mjorité des habitants de la Savoie désiderait
rester sous le sceptre de l'auguste dynastie qui porte son nom, e
spingeva il Dabormida di spingere il re a fare il possibile per
evitare tale cessione, magari ricorrendo alla proposta di
neutralizzazione. Successivamente Napoleone III scriveva a Vittorio
Emanuele II per comunicargli che il su nuovo programma:accettare in
primis il principio di intervento, e quindi provocare una votazione
generale nelle province dell'Italia centrale sul loro futuro destino;
rinunciare francamente a nuovi ampliamenti negli Stati vicini;
lasciare infine a Nizza e Savoia la stessa libertà della Toscana,
uniformandosi ai voti liberamente espressi dalla popolazione. Per
quanto riguardava le Romagne, dopo la consultazione, bisognava
isitituirvi il vicereame, sotto la sovranità del Papa, finché questi
non avesse accettato la perdita di tali province. Sull'argomento e in
particolare sull'annessione di Nizza e Savoia alla Francia si veda
numerosa letteratura: alcune in particolare, che trattano sulle
relazioni franco-piemontesi, quali Guichonnet, L'annexion de la Savoie
à la France, Etats des questions, 1958, Bull. de l'histoire moderne,
Amicucci, Nizza e l'Italia, 1939 e L'annexion de Nice en 1860, in
Revue des deux mondes, 1896.La regina Vittoria, nel ribadire a sua
volta la contrarietà alla Francia in relazione alle sue mire
espansionistiche, estendeva tale contrarietà allo stesso Piemonte,
osservando che il "principio di non intervento" vietava
all'Inghilterra di aiutarlo (leggi Ardemagni, L'opposizione inglese
alla cessione di Nizza e Savoia),1932. L'atmosfera nel Regno Unito era
veramente tesa, al punto che si accusava Napoleone III "de vues
usurpatrices sur le Rhin..." e sconsigliava a Cavour dall'accettare
qualsiasi "scheme for separation of Nice an Savoy from the Crown of
Sardinia". Non mancavano in Inghilterra posizioni più moderate, che,
pur concordando con il biasimo per la subdola condotta di Napoleone
III in questa vicenda, osservavano che il suggerimento della regina di
tenere una linea comune con la Prussia poteva apparire come una
pericolosa alleanza antifrancese; d'altronde la cessione della Savoia
e sotto certi anche di Nizza non era così certa. Emanuele d'Azeglio
scriveva a Cavour rappresentando l'accusa francese al Piemonte di
mettere Parigi in cattiva luce presso gli inglesi sul tema soprattutto
della Savoia. Anzi Napoleone III fece sapere a Lord Cowley di essere
disposto a rinunciare alla Savoia se fossero fatti rientrare i duchi
spodestati in Italia centrale. In caso contrario avrebbe insistito per
l'annessione. Il d'Azeglio respingeva le accuse rivolte a Torino. La
questione, ancora oggi aperta tra gli storici, viene legata ad una
compiuta interpretazione degli accordi di Plombières, oltre che ad una
seria e approfondita analisi delle reazioni diplomatiche di tutte le
parti. Tra queste quello zar di Russia che protestava per quanto
avveniva a proposito dei domini pontifici e della sorte del Papa,
circostanza che sorprendeva, considerato il minor interessamento verso
i duchi spodestati. Qualche mese più tardi l'Inghilterra avrebbe
espresso un atteggiamento meno rigido, facendo di accontentarsi della
sola cessione della Savoia, senza il Nizzardo. I rapporti
anglofrancesi, nel frattempo, peggioravano sempre di più, con rischi
sulle reazioni commerciali tra i due Stati. Prendeva anche corpo una
linea di contrarietà all'espansione (o ingrandimento) piemontese in
Italia che si sarebbe fermata lasciando almeno Nizza al Regno di
Sardegna. D'altra parte lo stesso Napoleone III cominciava a palesare
le sue intenzioni personali sul regno delle Due Sicilie, che l'unità
italiana avrebbe potuto ostacolare. Insomma un rebus irrisolvibile
quello di Nizza e Savoia. Su queste Napoleone III ebbe tuttavia a
confermare che lo scopo principale (e finale) della sua azione era
comunque quella dell'annessione di Nizza e Savoia. A detta, infatti,
del Sacconi, le truppe francesi erano già pronte ad entrare nelle due
province. E anche per tale ragione l'Inghilterra, ormai rassegnata
all'annessione della Savoia, compiva un estremo tentativo di impedire
almeno quello di Nizza, ricorrendo ad argomentazioni diplomatiche per
illustrare la diversità delle due posizioni internazionali di Nizza e
Savoia. Le cose tuttavia non andarono così e il problema, subendo
altri e nuovi condizionamenti, fu risolto nel modo che la storia ci ha
mostrato. E anche su questo non si mancherà di tornare.
Casalino Pierluigi, 14.10.2015