Fanatismo e tolleranza.

Cento fiori, cento scuole disputino tra di loro. Così annunciava
Maozedong una delle sue, peraltro fallimentari, campagne per rinnovare
la Cina nello spirito della competizione e del confronto delle idee
nell'ambito del marxcomunismo a base confuciana, sotto la severa e
abile regia di Zhu Enali, il Metternich dagli occhi a mandorla che
reggeva l'amministrazione dello stato, mentre il partito ondeggiava
tra ricorrenti e faziose suggestioni di parte. Ed è pur vero che certi
estremismi sono pur sempre il sintomo, come diceva Lenin, di malattie
infantili delle dottrine politiche (nella fattispecie del comunismo
sovietico e di quello internazionale fino alle aberranti esperienze
delle rivoluzioni del post 68, una deriva che ha causato non pochi
danni alla civiltà democratica in Italia e nel resto dell'Occidente).
L'eclissi del concetto di tolleranza ha provocato immani disastri
ovunque, coinvolgendo nella rovina generale il lascito intellettuale
del pensiero moderno. La tolleranza, come cardine della democrazia
moderna, ha vissuto fasi di agonia, risorgendo comunque dalle sue
ceneri. Ma la questione della tolleranza è nuovamente all'ordine del
giorno, con rischi epocali di difficile gestione. Le offese al
patrimonio monumentale di Palmira rappresentano il vertice di
comportamenti non nuovi nella storia, ma che raggiungono un diapason
impensabile e spaventoso. Il fanatismo, cacciato dalla porta dopo
secoli di confronti tra il secolo e la fede, rientra pericolosamente
dalla finestra e ha oggi il nome del fondamentalismo islamico e delle
sue correnti più o meno costruite in laboratorio da improvvide
strategie del realismo politico. La pianta non cresce a caso e trova
(o ha trovato fertile terreno) in un substrato inconscio da cui le
società musulmane non riescono a liberarsi, aldilà degli sforzi di
esigue minoranze elitarie e non ancora sufficientemente egemoni su un
mondo confuso e represso da eventi contrastanti.
Una riflessione aperta, nonostante tutto, che non manca di porre un
quesito ineliminabile a chi vuole comprendere il senso delle vicende
che viviamo.
Casalino Pierluigi, 6.10.2015