Dopo il 1917 si affermò in Russia una nuova forza di sviluppo, il comunismo sovietico, la cui portata avrà riflessi rilevanti sul piano internazionale. Negli anni 1920, tuttavia, la Russia sovietica era ancora troppo debole per esercitare un'influenza decisiva anche su paesi come la Turchia, alla quale concesse notevoli aiuti economici. Negli anni 1930, l'URSS cominciò a svolgere un ruolo importante nella diplomazia internazionale e all'indomani della seconda guerra mondiale è entrata in aperta competizione con l'Occidente. Competizione per la leadership mondiale che non cesserà anche a seguito del crollo dell'ordine di Yalta e della stessa URSS. Così l'emergenza dell'URSS pose gli eredi dello zarismo di fronte ad una nuova alternativa. Mentre in passato coloro che si battevano per introdurre in Russia mutamenti istituzionali vedevano soltanto un obiettivo, ora ne vedevano due, e ciò per effetto della rivoluzione bolscevica. Quale fu sul piano politico, dunque, il significato di questa rivoluzione? I problemi di sviluppo relativi alla rivoluzione bolscevica erano rappresentati dal cambio di indirizzo politico generale; e la Russia fu il primo dei maggiori paesi orientali che ruppero con il loro passato agro-dispotico a voltare le spalle alla società occidentale. Evento questo di primaria importanza perché, prima del 1917, la Russia aveva compiuto grandi passi in avanti nel processo di occidentalizzazione e perché, in effetti, dopo il 1917, essa diventò la più aperta fonte di contestazione al sistema dell'Occidente in Asia e altrove. L'ampiezza dell'occidentalizzazione della Russia, prima del 1917, è sottolineata dagli studiosi, i quali individuano soprattutto nella preminenza del partito della classe media dei Cadetti, oltre che del partito dei contadini dei Socialisti Rivoluzionari e dei Menscevichi il grado di emancipazione raggiunto in direzione del sistema occidentale. Tali forze, infatti, si battevano per l'instaurazione di un governo parlamentare e democratico ed erano seguiti dalla maggioranza dei russi, come ammetterà lo stesso Lenin, che riconosceva essere i Bolscevichi solo una minoranza. Anche l'intelligencija,se pur contraria alla classe zarista in quanto screditata, era tutt'altro che favorevole ai Bolscevichi. Non c'è quindi da meravigliarsi se dopo la cosiddetta Rivoluzione di febbraio, il partiti democratici ebbero la prevalenza non solo nel governo civile, ma anche nei soviet. D'altra parte nel loro programma agrario il partito dei Rivoluzionari Socialisti avevano chiesto la distribuzione di tutta la terra "alienata"ai lavoratori rurali. Si trattava di una proposta più seducente per i contadini di quella offerta da Lenin che, dopo la "nazionalizzazione di tutta la terra" le grandi proprietà fossero gestite come "fattorie modello...sotto il controllo dei deputati dei lavoratori agricoli e nell'interesse pubblico". Per quanto riguarda la guerra, tutti i gruppi democratici, sia pure con argomentazioni diverse, erano contrari a una pace separata con la Germania. E neppure i Bolscevichi, anche se introdussero nel dibattito aspri accenti anticapitalistici, erano, in origine, favorevoli a tale pace. Nelle Tesi di aprile Lenin delineò le condizioni per una "guerra rivoluzionaria". Pur opponendosi energicamente all'indirizzo politico prevalente di una "difesa rivoluzionaria", egli raccomandò la massima pazienza con le masse che accettavano onestamente la guerra "come necessità e non come un mezzo di conquista". E ancora in giugno lo stesso Lenin respingeva l'idea di una pace separata che, a suo giudizio, avrebbe significato "un accordo con i ladroni tedeschi, che ci depredano al pari degli altri". 1-continua
Casalino Pierluigi, 25.02.2015