Perché è ancora Auschwitz.

La barbarie del fanatismo non è morta ad Auschwitz. Purtroppo. I demoni dell'intolleranza e dell'antisemitismo, simbolo della persecuzione delle persecuzioni, risorgono con la loro infamia. L'ebreo è figlio dell'universalità e nella sua sofferenza rappresenta la totalità degli uomini nel loro sofferto verso la libertà. Gli eventi di questi ultimi anni dimostrano che la mala pianta dell'odio razziale non è stata ancora estirpata e ricorrenti sono i suoi frutti velenosi. Come l'Idra dalle cento teste che ancora che si muove con la sua sinistra e serpentina capacità di moltiplicarsi, l'antisemitismo richiede un nuovo Eracle per estinguerne la mostruosità. Il veleno usato nelle camere a gas, dunque, continua a circolare nel mondo civile e ne condiziona il progresso. Si è vero, non bisogna dimenticare la tragedia di un tempo, ma l'unico modo più autentico per non rinnegarne il messaggio di ammonimento è quello di riconoscerne la straordinaria ed amara attualità. Cambiano le forme e i carnefici, ma quando si inizia a cogliere i segnali che si manifestano virulenti in Europa di una cieca violenza il timore è quello che il patrimonio di civiltà maturato nei secoli subisca un'ulteriore e vergognosa ferita. Si comincia da una parte e da lì la metastasi dilaga in tutte le altre parti del corpo di quell'Europa (e dell'Occidente), provocando flagelli inarrestabili. I fatti di Parigi, aldilà delle considerazioni di circostanza, rappresentano un campanello d'allarme. Si è superati un limite che non si sa dove ci porterà. Si cominciò spesso così in passato e alla fine ci si sarebbe risvegliati più poveri e più deboli, in un miserabile regresso della Storia. I nipotini di Hitler ora brandiscono maldigerite letture religiose: non è la prima volta nella lunga vicenda umana che le religioni si trasformano in strumenti di morte, ma il peso dei dati storici oggi è talmente grande che la cifra oscurantista rischia davvero di suscitare una deriva, anzi una frana di incalcolabili proporzioni.
Casalino Pierluigi, 28.01.2015