INTRODUZIONE ALLO SVILUPPO DEL PENSIERO TEOLOGICO DELL'ISLAM

Durante l'epopea che seguì, così rapida e fortunosa, la scomparsa del loro Profeta, nella febbre dell'emigrazione di massa, i musulmani non ebbero né tempo né voglia di porsi dei quesiti teologici, non si resero nemmeno conto dell'urgente necessità di salvare dalla distruzione il codice della loro fede e della loro civiltà nascente, il Corano, tanto è vero che solo dopo la morte di molti di coloro che lo sapevano a memoria, avvenuta alla battaglia di Yemama, il califfo Omar suggerì che se ne raccogliesse il testo dalla viva voce dei superstiti e si fermasse per scritto. Ma appena succede nella vita sociale e negli animi un tal quale calma, accadde ciò che doveva accadere. gli spiriti critici, gli spiriti inquieti, tutti coloro insomma capaci di pensare e perciò desiderosi di rendersi conto dei problemi trascendentali e ansiosi di darne una risoluzione che soddisfacesse la loro coscienza e la loro ragione, cominciarono ad esaminare e discutere la propria fede e a definirne i dogmi, accingendosi così all'ardua impresa di costruire una teologia sulla base del Corano che è tra i libri sacri certamente il più arido e il più povero di idee generatrici di un'ulteriore speculazione metafisica. E' diventato quasi un luogo comune il sostenere che la tendenza speculativa dell'Islam in queste sue manifestazioni sia effetto del contatto con i cristiani, e precisamente con quelli fra essi più appassionati alla speculazione teologica, i bizantini, senonché tale teoria è da accettarsi solo in parte, poiché non sembra debba essere trascurato e dimenticato l'elemento psicologico nella spiegazione di questo come di ogni altro fenomeno umano. Non si può, infatti, negare, anzi appare evidente, il diretto influsso del contatto con i cristiani e la conoscenza degli scritti dei bizantini sull'indirizzo e sul metodo adottato in principio dalla speculazione teologica degli arabi, ma la sostanza di esso ha fino dalle sue iniziali manifestazioni, e mantenne sempre poi inalterato, un carattere così spiccatamente proprio che, parrebbe non si potesse metterne in dubbio l'originalità,m e nemmeno negare che in sé stessa sia un prodotto spontaneo. Non è infatti che in sé stessa sia un prodotto spontaneo. Non è, infatti, per niente necessario che una razza o un popolo prenda a prestito da un altro il tormento del dubbio, né la sete di verità che sono insiti nella natura umana. Pare che avvenisse così: i sottili e perspicaci teologici bizantini, lungamente avvezzi alle polemiche fra di loro, intuirono subito quale fossero. fra i tanti, i punti più deboli della dottrina islamica e facendo di quelli il principale argomento delle loro discussioni con i musulmani, li costrinsero in un certo modo a concretare in precedenza e di preferenza il loro pensiero in proposito. Certo non parrebbe fortuito il sorgere della setta dei Kadariti, o partigiani della dottrina del libero arbitrio, proprio in questi anni dello svolgersi delle polemiche cristiano-islamiche in Damasco, tanto meno poi quando si rileva la speciale importanza data appunto all'argomentazione critica contro il fatalismo musulmano negli scritti del primo grande controversista cristiano dell'Islam, San Giovanni Damasceno. Ma lasciamo, quindi, più ampie considerazioni che non rientrano nelle linee che contengono la presente riflessione e tornando all'assunto di tracciare schematicamente lo sviluppo del pensiero teologico musulmano, giova notare come esso si orienti anzitutto su tre principi. la tradizione (naql), la ragione (aql) e il misticismo (kashf). Si tornerà sulla questione in altra prossima occasione.
Casalino Pierluigi, 26.01.2015