LE SCIENZE Concluso il primo run di osservazioni scientifiche, è iniziata l'analisi dei dati raccolti dal lander sulla cometa 67P/Churymov–Gerasimenko. I risultati più importanti riguarderanno la presenza di materia organica, già suggerita dai dati preliminari, che potrebbe confermare la teoria secondo cui i mattoni elementari della vita arrivarono sul nostro pianeta a bordo di una cometa o un asteroide. (red)
Accensione dei thruster e qualche aggiustamento di rotta per ottimizzare l'orbita: sono queste le manovre che attendono nei prossimi giorni la sonda Rosetta dell'Agenzia spaziale europea (ESA), dopo il successo dell'atterraggio del lander Philae sulla cometa 67P/Churymov–Gerasimenko."Conclusa la missione del lander, Rosetta riprenderà le osservazioni scientifiche di routine, e passeremo alla fase di accompagnamento della 67P", ha spiegato Andrea Accomazzo, direttore delle operazioni di volo della missione. "Con il nuovo anno saremo insieme alla cometa nel suo moto verso il perielio, il punto di massima vicinanza al Sole, che sarà raggiunto il 13 agosto".
Mentre Rosetta prosegue la sua lunga corsa di affiancamento alla cometa, gli occhi sono puntati sui ricercatori che in tutta Europa stanno analizzando i dati sulla composizione superficiale e interna del corpo celeste raccolti da Philae nelle 64 ore successive all'atterraggio concesse dall'autonomia delle batterie elettriche. La speranza è che le informazioni siano sufficienti a rispondere a una domanda cruciale: sono state le comete a innescare lo sviluppo della vita sul nostro pianeta?
Nella fase primordiale del sistema solare, la Terra era continuamente bombardata da asteroidi e comete; proprio questi eventi traumatici avrebbero portato sul nostro pianeta una grande quantità di acqua e molecole organiche, cioè a base di carbonio, che avrebbero costituito i mattoni elementari da cui poi si è sviluppata la vita. Philae, e più precisamente il suo strumento COSAC (Cometary Sampling and Composition), ha già trovato prove di questa ipotesi, rilevando tracce di molecole organiche non meglio specificate. Resta ora da stabilire se sono simili a quelle che si trovano sulla Terra.
Un punto importante è la caratteristica di queste molecole nota come chiralità: molte sostanze hanno infatti la stessa composizione chimica ma due possibili forme, chiamate stereoisomeri, che sono l'una l'immagine speculare dell'altra, come la mano sinistra e la mano destra.
Eppure la vita sulla Terra si basa esclusivamente su molecole sinistrorse, il che costituisce uno dei misteri della biochimica: se la stessa cosa fosse riscontrata anche sulla superficie della 67P, si tratterebbe di un punto a favore dell'ipotesi dell'origine cometaria delle unità elementari della vita terrestre. E si spiegherebbe così anche il mistero della"preferenza" per le molecole sinistrorse: le comete avrebbero "seminato" solo molecole organiche di quel tipo, perché quelle destrorse che si trovavano su di esse sarebbero andate distrutte in qualche processo dovuto al contatto con l'acqua presente nei nuclei cometari e all'esposizione alla radiazione solare.
E la cometa ha condiviso effettivamente la sua origine con quella del sistema solare, come vogliono le ipotesi ora prevalenti? Anche su questo Philae potrà dire la sua, grazie allo strumento Ptolemy, che ha misurato la composizione isotopica del carbonio presente sul copro celeste, cioè dell'abbondanza relativa di carbonio-12, carbonio-13 e carbonio-14, che si distinguono per il diverso numero di protoni. Se la composizione isotopica del carbonio di 67P, del Sole e della Terra fosse più o meno la stessa, significherebbe che hanno la stessa origine. In caso contrario, vorrebbe dire chela 67P ha avuto origine al di fuori del nostro sistema planetario.
Nel primo caso, resta comunque da capire da quale parte del nostro sistema solare provenga la 67P. Le attuali conoscenze indicano due possibili zone di origine delle comete: la Fascia di Kuiper, una regione discoidale oltre l'orbita di Nettuno, in cui si trovano molti corpi composti di roccia e ghiaccio, e la gigantesca nube di Oort, situata ai confini del sistema solare. Il mistero potrà essere svelato dall'Alpha Particle X-Ray Spectrometer (APXS), uno strumento in grado di analizzare la composizione chimica delle polveri della 67P. I dati così ottenuti potranno essere confrontati con quelli, già disponibili, relativi ad altri oggetti celesti, come gli asteroidi: una composizione simile potrebbe indicare anche una vicinanza del luogo di origine.
In attesa dei risultati delle misurazioni più delicate, un primo riscontro è però già disponibile, e riguarda la compattezza della superficie della cometa. "È dura come il ghiaccio", ha commentato Tilman Spohn del DLR Institute of Planetary Research, responsabile dello strumento MUPUS (Multi-Purpose Sensors for Surface and Sub-Surface Science). "Il 'martello' di MUPUS ha cercato di penetrare la superficie, senza però riuscire ad andare in profondità, nonostante la sua spinta sia stata gradualmente aumentata".
Anche due altri esperimenti, condotti con il set di strumenti SESAME (Surface Electrical, Seismic and Acoustic Monitoring Experiment), hanno sondato le caratteristiche fisiche della superficie: SESAME-PP (Permittivity Probe), ha verificato le caratteristiche elettriche del suolo, mentre SESAME-CASSE (Cometary Acoustic Sounding Surface Experiment), lo stesso strumento che ha registrato il "suono" dell'avvenuto atterraggio, ha misurato la velocità di propagazione delle onde acustiche in superficie.
Per capire qualcosa dell'interno della 67P, bisognerà invece fare riferimento ai dati di CONSERT (COmet Nucleus Sounding Experiment by Radio wave Transmission). Questo esperimento è stato infatti progettato per inviare segnali radio verso il suolo, in modo da attraversare il corpo della cometa ed essere raccolti da Rosetta, quando nel suo viaggio orbitale si trovava in direzione diametralmente opposta. Le caratteristiche del segnale rilevato dipendono da come si è propagato attraverso la materia, e quindi potranno dare preziose informazioni sulla sua composizione.
Rimane ancora un interrogativo: Philae è riuscita a prendere campioni di suolo? Il sistema Drilling and Distribution (SD2) che avrebbe dovuto trivellarlo, ha spiegato Amalia Finzi, principal investigator delll'esperimento, si è dispiegato correttamente. Ma non è certo che sia riuscito a penetrare il suolo: Philae, com'è noto, non è riuscito ad ancorarsi, e può darsi che il tentativo di penetrazione in realtà abbia semplicemente sollevato il lander.
Quando risentiremo parlare di Philae? Non per qualche tempo: il lander è entrato nella modalità stand by perché la posizione dei pannelli fotovoltaici non ha permesso di ricaricare le batterie, e il livello dell'energia disponibile non è sufficiente a far funzionare il computer centrale. In una fase successiva del lungo viaggio in direzione del Sole, tuttavia, è previsto che possa riprendere a funzionare e a "dialogare" ancora con Rosetta, e quindi con noi.