Ferrara città di scienza con Guido Barbujani: nuove scoperte sul "big bang" dell'homo sapiiens

I primi antenati degli eurasiatici di oggi si diffusero dall’Africa in Asia e in Europa in almeno due movimenti migratori, prendendo probabilmente una rotta meridionale attraverso la penisola arabica e dirigendosi verso Iran, India e Asia meridionale, già 130mila anni fa. E’ quanto affermano i risultati di un recente studio pubblicato sull’ultimo numero della prestigiosa rivista Proceedings of National Academy of Sciences Usa, condotto da un team di ricercatori guidati dal genetista Guido Barbujani, ordinario del dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie dell’Università di Ferrara, e dalla paleoantropologa Katerina Harvati dell’Università tedesca di Tübingen.


“Già da anni facciamo ricerca sui diversi scenari ipotetici che accompagnarono la migrazione dei nostri antenati euroasiatici – commenta Barbujani – tenendo conto dei potenziali percorsi di migrazione, dei dati genetici e dei confronti cranici. Con il nostro recente studio, abbiamo scoperto che la prima ondata migratoria dall’Africa è iniziata prima di quanto si pensasse, svolgendosi fin da circa 130.000 anni fa, con una seconda espansione per l’Eurasia settentrionale in seguito, circa 50.000 anni fa”.


“La maggior parte degli scienziati – prosegue Barbujani – concorda sul fatto che tutti gli esseri umani che vivono oggi in Europa e in Asia discendano da una popolazione ancestrale che visse in Africa almeno 100.000 anni fa. La diminuzione della diversità genetica e anatomica osservata nell’uomo a distanze crescenti dall’Africa sub-sahariana è generalmente interpretata come il risultato di un’unica, grande dispersione databile tra 50.000 a 75.000 anni fa. Tuttavia, i recenti dati genetici, archeologici e paleoantropologici non confermano questo scenario”.


Nel corso del recente studio, i due gruppi di Ferrara e di Tübingen hanno testato i due modelli alternativi di movimenti migratori, singoli e multipli, dall’Africa. Poiché entrambi i modelli sono associati a specifiche previsioni geografiche e temporali, i ricercatori sono stati in grado di verificarli confrontando crani umani moderni provenienti da diverse

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