La Spagna omayyade rappresentò il punto di passaggio della filosofia greco-araba all'Occidente latinoi, soprattutto a causa del fatto che nell'Islam iberico, grazie in particolare ad Ibn Rushd (l'Averroè dei latini), nativo di Cordova, la filosofia antica tornò ad essere considerata come un fatto culturale, senza inquadrarlo nella visione teoretica musulmana. E su tale linea, dopo la critica di Al-Ghazali al neoplatonismo, la conseguenza sarà anche il netto riproporsi dell'alternativa tra mistica e religione: del resto già dalla metà del secolo IX, la Spagna islamica si era politicamente staccata dall'autorità centrale, sebbene, ancora all'epoca di Ibn Rushd, essa continuasse ad essere culturalmente legata all'Oriente abbaside, se pur nel contempo vedesse fiorire entro i suoi confini una concezione esoterica dell'Islam, segno di una riconquistata libertà di coscienza. Fu per merito dei califfi Abu Aqub e Abu Yusuf che Ibn Ruhd venne nominato giudice di Siviglia. E fu, inoltre, lo stesso Abu Yaqub ad ordinare ad Ibn Rushd di commentare le opere di Aristotele, impresa in virtù dell quale egli rimase grandemente noto nel Medioevo cristiano (Dante lo venerò come eccelso maestro e commentatore del pensiero ellenico). La vita pubblica del pensatore cordovano ebbe tuttavia, in relazione alle vicende del califfato, alterne fortune. Alla morte di Abu Yaqub nel 1184 e con la salita al trono del figlio Abu Yusuf, detto al-Mansur, non si registrarono subito cambiamenti, ma una decina di anni più tardi Ibn Rushd fu fatto oggetto delle persecuzioni almohadi. Le sue opere vennero bandite e date alle fiamme (alcune di esse infatti sono conosciute solo in traduzione ebraica oppure sono state restituite alla scrittura araba dopo essere circolate in trascrizione ebraica per motivi di sicurezza. Ibn Rushd fu anche vittima del conflitto tra religione e filosofia: trascorse l'esilio a Lucena, città vicina a Cordova, dopo essere stato accusato di aver visto una giraffa nel giardino del re dei Berberi (berbera era infatti la dinastia almohade). Il filosofo fu anche accusato di aver detto che Venere era creatura divina e di aver negato l'esistenza storica del popolo 'Ad, citato nel Corano. Ibn Rushd si spense a Marrakech nel 1198 e rimase celebre per aver detto di portarsi dietro, alla sua morte, i suoi libri. Tra un ala di folla piangente ed orante il suo corpo venne trasferito a Cordova in Spagna dove fu sepolto a testimonianza della sua straordinaria eredità intellettuale, che resta alla base del pensiero moderno e della libertà delle idee.
Casalino Pierluigi, 30.04.2014