Il Govoni futurista e crepuscolare 130 di Riccardo Roversi (FerraraItalia)

Corrado Govoni  autoritrattoFerraraItalia

* da RICCARDO ROVERSI  50 Letterati Ferraresi, Este Edition, 2013

CORRADO GOVONI
(a 130 anni dalla nascita)

Corrado Govoni (1884-1965) nacque a Tamara, centro poco lontano da Copparo, da una famiglia di agricoltori benestanti. Egli pure si dedicò, in certi periodi della sua vita, alla conduzione del fondo di famiglia ma la malasorte lo costrinse, dopo uno sfortunato tentativo di installarsi a Milano, allora capitale del movimento futurista, a vendere tutte le proprie terre e ad intraprendere i più svariati mestieri. Trasferitosi definitivamente a Roma nel 1926, vi lavorò dapprima come dirigente della Siae, poi come segretario dello Snas e quindi come impiegato in un ministero. Visse i suoi ultimi anni in dignitoso isolamento, si spense a lido dei Pini, nei pressi di Anzio ed è sepolto alla certosa di Ferrara.

Autore anche di romanzi e opere teatrali, Govoni è oggi ricordato soprattutto per le numerose e rilevanti sillogi poetiche, fra le quali spiccano: Le fiale (1903), Armonia in grigio et in silenzio (1903), Fuochi d’artifizio (1905), Gli aborti. Le poesie d’Arlecchino. I cenci dell’anima (1907), Poesie elettriche (1911), Inaugurazione della primavera (1915), Rarefazioni (1915), Il quaderno dei sogni e delle stelle (1924), Canzoni a bocca chiusa (1938), Govonigiotto (1943), Aladino (struggente elegia in memoria del figlio trucidato alle Fosse Ardeatine, 1946).

Corrado Govoni collaborò ad alcune tra le fondamentali riviste letterarie della sua epoca, quali ad esempio “Poesia”, “La Voce”, “Lacerba”.
«Due antologie della lirica govoniana curate da G. Spagnoletti, Firenze, Sansoni 1953 e da G. Ravegnani, Milano, Mondadori 1961 (assai più vasta) – scrive il filologo Pier Vincenzo Mengaldo – non rendono sufficiente giustizia all’importanza della sua produzione crepuscolare e futurista, comunque sacrificata a lungo dall’egemonia della “lirica nuova” e dell’ermetismo. [...] Govoni è soprattutto attratto dalla superficie colorata del mondo, dalla varietà infinita dei suoi fenomeni, che registra con golosità inappagabile e fanciullesca, quasi in una volontà di continua identificazione col mondo esterno [...]. Ciò non significa affatto che la sua poesia sia stata inefficace sui lirici successivi; è vero il contrario: il suo sterminato repertorio di immagini è stato una riserva a cui quei poeti (a cominciare da Ungaretti e Montale) hanno attinto a piene mani, seconda per importanza solo a quella pascoliana e dannunziana»..... CONT FerraraItalia