Ferrara: Valentino Tartari il giovane scrittore doc del 2013

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ROMA-FERRARA- NUOVA LETTERATURA ITALIANA….  Una rilevante news dalla provincia: appena edito da Este Edition, “Il Destino delle Farfalle”, nuovo romanzo per Valentino Tartari, giovane scrittore dalla penna già alta e brillante. La prefazione è dello stesso Matteo Bianchi,  (critico letterario, scrittore e giornalista culturale). Entrambi già di levatura nazionale, testimonianza “live” della persistente vitalità letteraria in fiore da Ferrara, città d’arte e della Parola, dall’Ariosto a… Govoni… a Bassani…  a Pazzi… a Marani… a Simoni.  Di seguito una significativa intervista all’autore:

 



 

*Valentino Tartari  Nato nel 1993, vive a Ferrara, dove si è diplomato al Liceo Classico Ariosto ed è iscritto all’Università degli Studi. Con questa casa editrice ha già pubblicato Io sono Calipso (2012).

 

 

 

 

 

D- Opera number 2 …  quella d’esordio,  “IO SONO CALIPSO”, di rara empatia classico-moderno, non a caso promosso anche dal Prof. Cazzola, “Il DESTINO DELLE FARFALLE”, in uscita: una anticipazione?

 

“Mi permetta, innanzi tutto, di salutare il grandissimo professor Cazzola, da Lei citato per altro, che negli anni di Liceo mi ha dato tanto in termini di apprendimento culturale ed umano (gli faccio anche tanti sinceri auguri per il suo nuovo libro “L’Enigma di Omero”). Tornando, invece, al mio nuovo “Il Destino delle Farfalle” vi dirò che narra della particolare vita del professor Anselmo De Robertis e della sua tormentata vicenda famigliare. La vicenda si svolge in un Italia che cerca di ripartire in un difficile Dopoguerra, sino a giungere agli “opulenti” anni ’60. In un primo tempo, la sua vita professionale è costellata di grandi traguardi e successi; la sua famiglia è unita e felice. Ma qualcosa si rompe, si spezza d’un tratto, all’improvviso. Vittime del suo orgoglio dirompente e a tratti selvaggio e ferino sono, prima, i rapporti con la famiglia e gli amici, poi anche il lavoro ne è travolto. La grande parabola del personaggio, dall’ascesa come uno dei massimi esponenti letterari del secolo e luminare universitario sino alla rovinosa caduta, si riflette e trova eco nel suo estremo lascito – un libro (che narra di un aedo anziano in perenne ricerca del figlio perduto)- con il compito di espiare le sue colpe”.
D- La parola Destino e la parola volo… Farfalla evocano archetipi potenti: il tuo fare scrittura, rigoroso e dinamico, è almeno un micro (paradossale) antivirus contro certo modernismo degenerato? 

 

“Pur io prendendo spunto (e immettendomi, in certo senso, nel “solco” degli antichi) da modelli classici nel mio impegno di scrittura, penso che la modernità (ed ogni suo prodotto) non sia degenere o sbagliata tout court, né tanto meno ho la presunzione di poter essere un antivirus ad alcunché, poiché non c’è nulla da curare (o non si può). Siamo noi stessi che leggiamo ciò che desideriamo leggere, amiamo ciò che vogliamo amare, che creiamo i miti che desideriamo, mangiamo il cibo che vogliamo. La moda, le abitudini e i gusti dei popoli sono, oggi, molto più variabili e soggetti a mutamenti di un tempo. Alla fine dei conti non si può criticare la società e il sistema di valori moderni dal momento che essi sono nostro frutto, sono nostre creature. Noi siamo il prodotto di noi stessi. Semplicemente, per parte mia, consegno a tutti che lo desiderano un punto di vista diverso che può essere, a seconda delle interpretazioni o delle situazioni, più o meno in contrasto con ciò che la nostra “modernità” produce (dal momento che non vi sono solo cose negative, anzi). Se io, paradossalmente, non guardassi al quotidiano, cioè alla vita di ogni giorno, non sarei certo riuscito a scrivere “Il Destino delle Farfalle”, la cui vicenda, appunto “moderna”, si intreccia con un passato strettamente legato ad un mondo antico ed aureo. L’archetipo Destino è il dàimon greco, la fetta del nostro avvenire, ciò che la Moira ci ha consegnato prima della nostra nascita; l’archetipo Volo, invece, è il volo della conoscenza, della salvezza, del rimpianto.”
D – Dall’informale a la Forme 2.0  on e soprattutto off line, alla ricerca della bellezza perduta?

 

“Non vi è nulla di perduto, solo qualcosa di sopito, nascosto in mezzo a noi. E’ necessario che si riscopra questo nostro passato aureo, perché negandolo si elimina la Cultura Occidentale. Tutto ciò che leggiamo trae spunto direttamente o indirettamente da fonti che ci hanno preceduto. La grande bellezza della modernità (non sono affatto insensibile a questo straordinario fascino) è proprio questa: come in un calderone mescola tradizione e novità. Lassù, dal Limbo dantesco, ci guardano i grandi del passato: mi piace immaginarla così la faccenda.” 
D- C’è qualcosa che si è spezzato allora? Perché che non siamo sempre in grado di ricordarci chi siamo “davvero”?

 

“Spesso non manca la competenza, ma la passione. Riscopriamoci più appassionati. Appassioniamo e facciano innamorare i giovanissimi della nostra ricchissima cultura. Se i docenti (che non sono solo i professori) non sono appassionati spiegando ed insegnando la nostra Cultura, non lo sono neppure i ragazzi nell’apprenderla. Qualunque studente si scoprirà incredulo e profondamente immedesimato, quando si sentirà coinvolto nei miti, quando navigherà con Odisseo, quando si sentirà affascinato e spaventato a fianco di Cicerone sui rostri, quando aiuterà Eracle nelle dodici fatiche. E anche quando il mare sarà in tempesta e le difficoltà lo assaliranno e si sentirà sopraffatto dall’infernale burocrazia che tutto appiattisce e snatura, vedrà sempre, in lontananza, il proprio Faro della SCIENTIA fulgere immensamente, con la profonda convinzione che aver intrapreso uno studio classico ne è assolutamente valsa la pena.”
D- Progetti in cantiere?

 

“Fra poco uscirà un libro collettivo su Fabio Pittorru con prefazione del vicesindaco di Ferrara, Massimo Maisto. Noi abbiamo scritto un saggio su uno studio del Pittorru di 50 anni fa sulle aziende private e pubbliche nel panorama economico di allora.”

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