2013? Gli animalisti ismi da terminare

new-years-eve-2013-5666313846390784-hp (1)La notizia è di dominio pubblico. L'abbiamo data anche noi. La riassumo in tre righe per chi eventualmente l'avesse trascurata. C'è una ragazza, Caterina Simonsen, ricoverata a Padova per una malattia grave che la perseguita da anni e contro la quale ha sempre combattuto con coraggio, riuscendo perfino a studiare regolarmente: è in procinto di laurearsi in veterinaria.










Ama gli animali e si considera animalista. Come me.

Nonostante ciò, la giovane donna si è espressa a favore della sperimentazione scientifica sugli animali, da cui evidentemente si aspetta una soluzione ai propri problemi di salute: una malattia genetica che ora le ha attaccato violentemente i polmoni. Non serve una sensibilità speciale per comprendere la sua posizione apparentemente in contrasto con le idee da lei sempre sostenute. Eppure c'è chi in Rete l'ha coperta di insulti. Non li riferiamo per decenza, ricordando che i frequentatori dei social network spesso (anonimi o no che siano) sono cafoni e come tali scrivono: preferiscono ricorrere alla parolaccia piuttosto che alla parola.

Dicendo questo non scopro nulla di nuovo, ma è bene ribadirlo per inquadrare meglio il tema. Personalmente sono contrario alla vivisezione, termine brutale che mi ripugna pronunciare. Ma è pur vero che la mia ostilità verso questa pratica deriva dalla consapevolezza che si è abusato e si abusa ancora delle bestie, infliggendo loro sofferenze atroci, per scopi diversi, e punto nobili, da quelli di fare del bene all'umanità. Molti ricercatori incoscienti - direi di serie C - pur di dare ai loro studi maggiore importanza, rendendoli degni di pubblicazione, non esitano a sacrificare inutilmente decine o addirittura centinaia di cavie, incuranti della necessità - almeno - di non farle patire. Una simile carneficina è intollerabile.

Da qualche anno la strage viene condannata da gruppi sempre più agguerriti di animalisti, ecologisti, vegetariani e vegani, i quali si fanno in quattro affinché la legge vieti o riduca l'impiego di animali nei laboratori lager. Costoro sono meritevoli di solidarietà e appoggio: offrirglieli è un dovere al quale non mi sottraggo. Ma c'è un limite a tutto. Quando l'animalismo, come accade in molti casi, si trasforma in una sorta di religione, intesa in senso fondamentalistico e indifferente alle altrui ragioni, allora sono guai. Ogni eccesso d'altronde è provocato da azzeramento della razionalità.

Se una ragazza in lotta tra la vita e la morte auspica che la scienza trovi il modo di aiutarla, sia pure attraverso la sperimentazione su esseri viventi considerati (a torto) inferiori, non può essere trattata da alcuni esaltati come una pazza indegna di campare. Amare gli animali non significa disprezzare gli uomini e le donne che si fidano di scienziati seri e capaci di lavorare con scrupolo, anche sulle bestie, per ridare la salute a chi l'ha persa o darla a chi non l'ha mai avuta....

....CONT  M.VENEZIANI  IL GIORNALE