Bifo: futurismo e cyberpunk

di Tiziana Terranova


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Franco Berardi (Bifo), Dopo il futuro: Dal Futurismo al Cyberpunk. L’esaurimento della Modernità, DeriveApprodi, Roma 2013, pp. 136, € 14.00
In una delle sue lezioni al Collège de France, Michel Foucault offre questa spiegazione del rapporto tra il sapere dell’intellettuale e la lotta. Non spetta all’intellettuale esortare il popolo alla lotta (‘battetevi contro questo in tale o talaltro modo’), piuttosto quello che il sapere dovrebbe fare è dire, rivolgendosi a coloro che vogliono lottare, ‘se volete lottare, ecco dei punti chiave, delle linee di forza, delle zone di chiusura e di blocco’1.  È chiaro che nonostante il titolo del nuovo libro di Franco Berardi sia carico di parole quale ‘dopo il futuro’ e ‘esaurimento’, esso non può fare a meno o non intende dissaduere dalla lotta, dalla ricreazione del futuro, non è un libro cioè che ci dissuade da quell’atto fondamentale per qualsiasi pratica politica costituente che è credere nel mondo. E tuttavia, da schizoanalista qual è, si tratta di un libro che pone pesantemente l’accento sui blocchi del desiderio e quindi delle lotte, o nei termini del libro, esso pone la centralità della questione della sensibilità, dell’empatia e dell’etica. Si tratta di un libro che pratica l’arte schizoanalitica della diagnosi, mettendo in evidenza tutta una serie di sintomi, culturali e sociali, che mostrano l’evoluzione e l’esaurimento di quella idea di futuro che ha giocato un ruolo fondamentale nei movimenti politici del novecento, e le conseguenze oggi del suo esaurimento.
Il futuro di cui parla Bifo non è ovviamente ‘una dimensione naturale della mente umana’, non è la certezza cioè che qualsiasi cosa faremo, il tempo scorrerà comunque ingrossato da un passato sempre più ingombrante, imbrigliato in un presente limitato, aperto verso l’imprevedibile evento del domani. Il futuro di cui ci parla è una secrezione della soggettività, ha a che fare col modo in cui le soggettività si pongono in relazione al mondo, ed è dunque l’espressione di quei concatenamenti macchinici che investono e formano la soggettività nelle economie e società capitaliste. Il futuro concepito come progresso e cambiamento radicale erompe nel novecento nell’immaginario sociale e culturale come effetto della velocità del mutamento. Le avanguardie italiane e russe ne esprimono due anime e impulsi opposti: la velocità del futuro espresso dall’accellerazione dell’automobile si realizzano nell’esaltazione della guerra e nella repressione del femminile sociale del futurismo italiano (‘il disperato tentativo di non essere femmina’), ma anche nelle pieghe morbide delle avanguardie russe che ‘mettono nel futuro un’enfasi più sfumata, differenziata, ricca’ e lo esprimono in una concezione dell’amore come gioco erotico-poetico. Il general intellect  non è semplicemente un insieme di saperi codificati nella macchina, ma anche espressione di un certo tipo di energia, quella propulsiva della combustione e del motore termodinamico, che attraversa la soggettività moderna spingendola ad immaginare il vettore della velocità come forza distruttiva e creativa allo stesso tempo. La macchina termodinamica è anche una macchina del piacere, e come ci hanno ricordato Luciana Parisi e Klaus Theweleit, essa mobilita e enfatizza una struttura del godimento maschile fatta di scarica entropica e  malinconico ritorno all’ordine2.
L’esaurimento di questo futuro è il leitmotiv della seconda metà del libro, quella dove Bifo si occupa più strettamente del momento presente. La mutazione antropologica registrata segue le trasformazioni del capitale che ha ridisegnato il suo sistema produttivo sulle linee indotte da un nuovo tipo di macchina, comunicativa, informatica e cibernetica. Dopo aver attraversato i movimenti dada e surrealisti, ed essersi soffermato sulla funzione della pubblicità (concendendo a Pasolini un tardo riconoscimento per aver ‘presentito molto dell’epoca barbarica, che, ora sappiamo, era il futuro’), la tesi principale del libro sulla contemporaneità si sviluppa sulle linee di una distinzione tra cyberspazio e cybertempo. La strategia del capitale, immobilizzato dal compromesso keynesiano che pone dei limiti alla sua tendenza all’accumulazione,  minacciato dalla tendenza alla fuga e al sabotaggio della classe operaia industriale, sceglie di deterritorializzare globalmente il flusso di lavoro vivo riorganizzando il suo comando attraverso la topologia della rete o cyberspazio. Il lavoro è ulteriormete astratto dalla concretezza dei luoghi e dei tempi della soggettività incarnata, e trasformato in un flusso deterritorializzato, frammentato e discontinuo di prestazioni infinitamente espandibili.  Questo meccanismo è frattale, si ripete a diverse scale dell’organizzazione del lavoro: è nel crowdsourcing del turco di Amazon (Amazon Turk che distribuisce automaticamente segmenti di lavoro secondo un meccanismo di aste), nelle fabbriche cinesi dove si producono gadget tecnologici, la cui velocità è scandita dall’uscita di nuovi prodotti e campagne pubblicitarie, attraversa la vita del lavoro precario e cellulare-munito fino al comunicatore compulsivo sui social media disponibile a rendere commerciabile ogni secondo delle sue interazioni sociali. Bifo sembra credere dunque che nella rete cibernetica, la vera nuova fabbrica globale, il capitale esercita il comando e il lavoro perde ogni autonomia reale.
Gli effetti di questa mutazione sulla soggettività sono per Bifo devastanti. L’energia mobilizzata non è più quella muscolare e termodinamica dell’organismo, ma quella nervosa del cervello e del sistema nervoso. Il capitalismo informatizzato non si limita ad organizzare lo spazio, ma interviene direttamente sul tempo che è la materia costitutiva della soggettività. Il cybertempo segue le velocità ultrarapide delle reti di microprocessori, e la soggettività è attaccata nelle sue fibre più sensibili, la sua autonomia svuotata dalla velocità compulsiva e frammentata del cybertempo. Si diffondono patologie quali ansia, attacchi di panico, depressione, alcuni scelgono il suicido o l’omicidio. Il tempo viene frazionato e l’anima messa al lavoro e quindi spogliata della sua autonomia. Se i padroni di oggi possono permettersi di ripetere con insistenza che non c’è alternativa ed essere creduti, è perché il cybertempo ha già consumato le capacità delle anime di immaginare un altro futuro, ingoiate dal parassita digitale che decompone il tempo esistenziale in serie infinite di micro-prestazioni sotto la pressione di una competitività precaria che previene ogni possibilità di reale contatto tra i corpi. Il futuro è esaurito dalla frammentazione del tempo in attimi presenti privi di qualsiasi virtualità buoni solo ad essere campionati dalla macchina digitale. Questa peculiare relazione col tempo è espressa  compiutamente dalle reti del capitalismo finanziario, che avendo perso ogni riferimento a un referente stabile, processano il tempo introducendo un insostenibile regime di aleatroietà di valori fluttanti, rendendo la precarietà ‘la forma generale del rapporto socialÈ. A livello soggettivo, cioè in termini di quelle trasformazioni dell’empatia, etica e sensibilità che il libro pone, l’esaurimento del futuro si esprime in quella incapacità di credere in un ‘dopo’ lo stato di cose attuale, al punto tale, come sottolineato da Mark Fisher, che è diventato più facile credere alla fine del mondo che a quella del capitalismo3.
Elephant_movieLe tesi di Bifo si affiancano a quelle che al momento sono una serie di riflessioni, scritti e studi sulla mutazione antropologica introdotta dalla popolarità di quelle che Giorgio Griziotti, con buone ragioni, definisce i media bio-iperdigitali4. Social networks e smart phones costituiscono una potente accoppiata che ha portato ad una inedita e ambivalente informatizzazione della vita sociale. Dal punto di vista di Bifo, il cybertempo, con Facebook e Twitter, ma anche YouTube, Google, Whatsapp e simili, ha colonizzato anche quello che una volta si definiva ‘tempo libero’, insinuandosi nel tessuto delle amicizie e conoscenze, rimodulando profondamente i rapporti sessuali e affettivi. Sherry Turkle, nelle sue etnografie di adolescenti e adulti della affluente middle class americana, racconta di un crescente senso di ‘insieme, ma soli’, dell’interruzione costante del contatto tra le generazioni ad opera dell’invasività dei social network e degli smart phones, di una generazione condannata a comunicare incessantemente5... C

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