Roma-Ferrara: intervista a Alberto Rizzi , l'artista che ispirò Luther Blissett

*Alberto Rizzi, da 30 anni protagonista della poetica underground e alternativa pura: tra Veneto (area di nascita), Emilia e anche Ferrara...  intervistato dal quotidiano on line di Roma Capitale, Eccolanotiziaquotidiana.
 
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D. - Rizzi, da decenni all’avanguardia: prime opere e le ultime, un “bilancio”.

 

A.R. – 

 

Positivo di sicuro, almeno dal mio punto di vista. I parametri per misurare il successo in Italia – che sono basati per lo più su apparenze – potrebbero suggerire il contrario: ma aver esposto in mezzo mondo (grazie all’Arte Postale) e avere copie delle raccolte poetiche nelle biblioteche nazionali un po’ di tutti gli Stati, credo sia un buon risultato. Tengo il conto delle copie realizzate e date in giro – lo scrivere in poesia è da una ventina d’anni l’ambito creativo nel quale mi son mosso di più – e dal 1991 sono più di 3.600. Nella maggior parte dei casi realizzate o fatte stampare in proprio; ma anche quando passai attraverso editori, di fatto senza mai doverli pagare....

Il successo è anche maggiore, tenendo conto che – per non leccare i piedi a nessuno – sono stato costretto a lavorare ai margini di un sistema, che rispecchia in pieno il degrado della nostra società. E se cultura e arte sono percepiti come optional fastidiosi dalla maggior parte degli italiani, devo anche aggiungere che lavoro in un’area geografica – la Provincia di Rovigo – che di questa miseria culturale ha fatto un marchio di fabbrica, a cominciare dalla fine degli Anni ‘70.

Partendo da tutto ciò, il fatto che chi gestisce qui in maniera clientelare il business della cultura continua a ignorarmi, mi conferma che non potevo muovermi in maniera migliore…

D. - Rizzi, la poesia contemporanea oggi, dove sta andando?

A.R. – Come tutte le arti, ritengo che si stia dando da fare per tenere il passo con i nuovi mezzi di comunicazione e i linguaggi che questi hanno creato: non mi riferisco ai nuovi sistemi di distribuzione online – poi mi hai fatto una domanda proprio riguardo a questo – ma per esempio alle caratteristiche grafiche e grammaticali degli SMS, ai nuovi vocaboli e alla presenza sempre maggiore di termini tecnici e provenienti dall’inglese, e così via.

Penso anche che tutto questo stia accadendo in entrambi i “versanti” della poesia (e, come sempre, dell’arte in generale): quello “intimista” e quello “sociale”. Io non mi sono mai ritenuto, in nessuno degli ambiti che ho frequentato, un artista d’avanguardia; però, a te che ti definisci “Neo-futurista”, dovrebbe far piacere sapere, che l’arte a valenza sociale deve sempre rivolgersi al futuro, qualsiasi linguaggio usi e qualsiasi ricerca persegua, se vuol sperare di servire a qualcosa....

 

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