Casalino: GABRIELE D'ANNUNZIO "POLITICO" E LA LEGA DI FIUME

 VIDEO   GABRIELE D'ANNUNZIO E FIUME

Spiegare la condotta di Gabriele D'Annunzio a Fiume non è cosa facile. Un'interpretazione squisitamente politica è quella che il comandante intendesse tenersi tutte le strade aperte e che volesse, a seconda delle circostanze, poter giocare su diversi tavoli, quello del negoziato con Giolitti, quello con la destra, in vista di una probabile dissoluzione (da lui auspicata) dell'unità nazionale jugoslava, quello del movimento rivoluzionario di sinistra in Italia, e, quindi, ritenesse di poter utilizzare la Carta del Carnaro come jolly eventualmente su quest'ultimo tavolo. D'Annunzio era però un sanguigno e non un manovriero. Tuttavia tale spiegazione tattica e "ardimentosa " non è del tutto fuori luogo. Il Vate non era certo un politico in senso stretto, non c'era in lui una specifica e sottile logica politica, ma l'impresa di Fiume fu comunque per D'Annunzio una grande ed entusiasmante avventura portata avanti sotto l'impulso di reazioni morali e di stimoli, di suggestioni esterne recepite in termini personalissimi ed esaltanti. D'Annunzio aveva in ogni caso i numeri del comandante di gesta mitiche e al tempo stesso epocali; aveva nonostante la sua formazione letteraria la capacità di essere un leader, di sfoderare doti di governo e diplomatiche insospettate. Non è un caso che nella sua appassionata ricostruzione dell'avventura fiumana lo storico americano Michel Ledeen abbia apertamente riconosciuto a D'Annunzio un ruolo egemone e di rilevante intuizione politica, che alla lunga avrebbe potuto rivelarsi alternativo a quello esercitato da Benito Mussolini. Nella sua "L'impresa di Fiume. Nelle parole e nell'azione di Gabriele D'Annunzio", Milano, 1966, Ferdinando Guerra sostiene, d'altronde, che alcune parti della Carta del Carnaro "hanno chiaro carattere dannunziano" , anche se anche vari punti del testo sono di ispirazione deambrisiana. Come emerge dagli archivi del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera, il canovaccio di De Ambris era in realtà un vero e proprio articolato già pronto per la pubblicazione: la Carta di D'Annunzio ne recepì puntualmente lo spirito. E di D'Annunzio è, peraltro, l'aggiunta significativa del concetto che le libertà umane possano con il tempo sempre allargarsi e, forse, ne possano emergere delle nuove e che lo Stato deve, se i cittadini lo ritengano opportuno, accettarle e sancirne il riconoscimento. Anche su tale aspetto si sofferma Michel Ledeen. Rientra in questo contesto come felice elemento di apertura politica e rivoluzionaria il progetto di costituzione della Lega di Fiume per i suoi inequivoci ed inequivocabili riflessi internazionali ed internazionalistici. L'eco degli eventi di Fiume si manifestò, infatti, come un atto di decisa contestazione dell'ordine di Versailles e delle decisioni che si stavano assumendo in quei mesi del 1920 alla conferenza di Sanremo. Si leggano in proposito le considerazioni formulate nelle sue riflessioni di osservatore dell'evento fiumano da L.Kochnitzky, il quale attribuiva alla miope responsabilità e impreparazione di altri protagonisti dell'impresa di Fiume il rallentamento dell'azione geniale del comandante D'Annunzio. In un'altra nota, quella del croato E. Coselschi saluta l'azione di D'Annunzio e, nell'evocare il risentimento e la lotta contro l'imperialismo delle potenze vincitrici delle prima guerra mondiale, invita la Lega di Fiume ad accogliere, sulla base delle sue stesse annunciate premesse ideologiche, le istanze di indipendenza di popoli oppressi, soprattutto quelli dell'Islam ex turco, britannico e francese, e di altre aree del mondo, oltre a ricercare l'adesione della Russia bolscevica e sovietica "per vendicare l'umanità intera, oppressa dalla plutocrazia avida dei tiranni di Versailles". La stagione fiumana resta per concludere, nel nome di Gabriele D'Annunzio, un momento irripetibile di straordinaria vivacità storica e intellettuale, ma anche un capitolo di lungimirante proposta politica.
Casalino Pierluigi, Beirut, 1.04.2013