preghiera metrica di cupio dissolvi in una drastica reductio ad Unum
Fare una cosa
Di questa nube, vedi, che selvaggia
copre la stella poco fa lucente,
di quei monti laggiù che ora la notte,
venti notturni per un tempo avranno,
del fiume a fondovalle che riflette
mille chiarori di uno squarcio in cielo,
di me e di tutto questo o mio Signore
fare una cosa; di me e del sentimento
con cui la greggia rientra nell’ovile –
la cupa, immane assenza assorbe e esala
dal mondo, su dal cosmo d’ogni luce
di tante cose avvolte in tenebre, Signore:
fare una cosa; della gente estranea
(non uno ne conosco) e me, e me,
fare una cosa; di tutti i dormienti
dei vecchi, sconosciuti, nell’ospizio
che scuotono di greve tosse il letto
e dei bambini d’anima o d’anagrafe
ebbri di sonno a tanto estraneo petto,
di tanti volti oscuri e ancora me
di me e di tutto ciò che non conosco
fare la cosa, Signore, Signore,
la cosa, il cosmo e terra una meteora
che nella gravità solo la somma
del suo volo raccolga; e sia un arrivo.
Paolo Melandri
26 gennaio 2013