Paolo Melandri Fare una cosa *poesia


preghiera metrica di cupio dissolvi in una drastica reductio ad Unum

Fare una cosa



Di questa nube, vedi, che selvaggia

copre la stella poco fa lucente,

di quei monti laggiù che ora la notte,

venti notturni per un tempo avranno,

del fiume a fondovalle che riflette

mille chiarori di uno squarcio in cielo,

di me e di tutto questo o mio Signore

fare una cosa; di me e del sentimento

con cui la greggia rientra nell’ovile –

la cupa, immane assenza assorbe e esala

dal mondo, su dal cosmo d’ogni luce

di tante cose avvolte in tenebre, Signore:

fare una cosa; della gente estranea

(non uno ne conosco) e me, e me,

fare una cosa; di tutti i dormienti

dei vecchi, sconosciuti, nell’ospizio

che scuotono di greve tosse il letto

e dei bambini d’anima o d’anagrafe

ebbri di sonno a tanto estraneo petto,

di tanti volti oscuri e ancora me

di me e di tutto ciò che non conosco

fare la cosa, Signore, Signore,

la cosa, il cosmo e terra una meteora

che nella gravità solo la somma

del suo volo raccolga; e sia un arrivo.





Paolo Melandri

26 gennaio 2013