Paolo Melandri "Non credete ai Poeti" poesia


 Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non sono umani, sono indifferenti

 

alle angosce, si beano di delirio –

 

a volte, stanchi, guardano le cose

 

e gli uomini

 

come non li vedessero davvero

 

perché realmente invero essi non curano

 

gli interessi umani

 

e se anche, come càpita talvolta

 

considerano molto attentamente

 

cose prese

 

a cuore

 

dalla fatica del cuore dell’uomo –

 

le stesse cose, le identiche cose

 

viste dagli occhi indifferenti

 

sono tutt’altre cose

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non hanno libertà di errar vagando

 

devono mirare al loro scopo

 

senza disturbi, e mai pensare ad altro –

 

escludono di colpo

 

ciò che non li cattura e non li attira

 

ma chiusi giù nel carcere più buio

 

vedono lo stesso

 

come pure

 

sotto la sferza del meriggio

 

niente li può abbacinare

 

 

 

Gli occhi dei poeti

 

anche in mezzo a un massacro

 

nelle condizioni più estreme, più

 

disagiate

 

possono indisturbati

 

vedere e

 

non vale richiamarli –

 

non c’è niente

 

che li impressioni

 

non c’è autorità

 

che valga per loro:

 

conoscono solo il loro dovere

 

ma questo lo possono poi riconoscere

 

sol essi da soli:

 

nessuno, intima legge, può pretendere

 

- dall’esterno -

 

di insegnarglielo

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non sono mai vivaci ed espressivi

 

si comportano automi

 

per vedere ciò che non vedono

 

la realtà simbolica

 

fatta per loro

 

l’aquila i lupi

 

i minus habentes

 

magari a volte gli «intellettuali»

 

possono avere

 

la loro espressione in fondo agli occhi

 

e tenerci di averla

 

non i poeti

 

che non sanno davvero cosa farsene

 

delle impressioni

 

con che impressionano gl’uomini

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non sono «finestre dell’anima»

 

e ciò è evidente per questa ragione

 

che i poeti non hanno l’anima

 

son fatti tutti d’occhi dentro e fuori

 

«la vista interiore»

 

sebben sia vero che gli occhi senz’anima

 

dei poeti

 

sappiano esser signori dispotici

 

delle anime che li sentono

 

e stanno in ascolto

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non sono dei coltelli penetranti

 

benché attraversino, alle volte, arditi,

 

strati geologici

 

per giungere a realtà che sono loro

 

ma non è detto debban penetrare

 

di necessità alcunché

 

perché la realtà fatta per loro

 

è sempre chiara e distesa

 

come un quaderno aperto

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non sono solenni –

 

è la realtà fatta per loro

 

ch’è solenne alle volte

 

ma alle volte può essere sguaiata

 

o quanto delicata

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non sono lanterne magiche

 

non creano essi gl’incanti

 

ma sanno riprendere a volte gl’incanti

 

come alle volte captano realtà

 

tutt’altro che incantevoli

 

quella arida secca ad esempio

 

vista dagli scandagli di Montale

 

o di Ungaretti –

 

più stupenda del resto, eccome

 

di molti splendidi incanti –

 

dei tramonti o dei rimpianti

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non è che siano poi una grande cosa

 

come alcuni li fanno –

 

è vero sono anch’essi partecipi

 

del vano errar precario delle cose

 

ma sono una cosa

 

che ha un suo significato ben specifico –

 

di porta in porta non chiedono a prestito

 

né mendicano

 

la loro ragion d’essere

 

ad altro che non sia il lor stesso incanto –

 

di poche cose al mondo

 

si può dire che sono

 

ma quello sguardo perso dei poeti

 

è una di queste

 

né c’è bisogno

 

farli divini

 

elefantismo

 

ch’essi rifiutano –

 

sono contenti

 

di essere come sono

 

cosa difficile anche questa

 

al mondo scialbo che torpido inganna

 

 

 

Non credete ai poeti: i loro occhi

 

non è proprio che siano solitari

 

per loro scelta

 

non hanno affatto la boria

 

di starsene in un eremo

 

amano sinceri la comunione

 

con tutto –

 

ma se alle volte appaion solitari

 

è perché si fa a gara

 

a tenerli discosto

 

certo essi dal canto loro

 

non fanno niente

 

per essere popolari

 

 

 

Son gli occhi dei poeti assai insensibili

 

all’aria che tira

 

a che tempo (che) fa

 

a questo di oggi ed a quel di domani –

 

a volte si servono della moda

 

o fanno essi la moda

 

ad ogni modo son sempr’essi soli

 

a servirsi della moda

 

non la moda di loro

 

questo è impossibile

 

 

 

Ma quegl’occhi dei poeti

 

dappertutto son guardati

 

con sospetto oggi più che nel passato

 

e certo ovunque è comune dire

 

che non si sa che farsene della poesia –

 

ma dappertutto – vedi – si pretende

 

come non mai commissionarle

 

quello che deve dire

 

ed essa molte volte e più si vendica

 

non dicendo niente

 

«tempus loquendi, tempus tacendi»

 

adesso è di tacere

 

per questo è quasi ridotta al silenzio

 

del resto è noto gli occhi dei poeti

 

non sanno neppur loro

 

quello che dovranno vedere

 

ma sanno solo ch’essi obbediranno

 

al loro dovere

 

se il lor dovere si farà sentire

 

 

 

Lo sguardo dei poeti è una carogna

 

niente c’è più carogna

 

della “divina” poesia

 

pensare che si dice

 

degli occhi dei poeti

 

che guardano sereni

 

e nobili e solenni

 

però nessuno li ha mai visti

 

quando guardano

 

del resto di moltissime altre cose

 

si dicono bestialità soltanto.

 

 

 

I raggi x negl’occhi dei poeti

 

ci vedono anche in fondo alle parole

 

e la parola quando l’hanno vista

 

gli occhi di un poeta, mai più quella

 

sarà, che tutti usano: un fantasma

 

vi hanno scorto gl’occhi di un poeta –

 

può esser, la parola, la più trita

 

la più abusata nell’uso comune –

 

là dove l’hanno vista quei suoi occhi,

 

si porta addosso una nascente immagine

 

di novità, che unica la rende.

 

Inimitabil, unica parola –

 

com’era nel principio e ora e sempre

 

e nell’ora degli occhi dei poeti

 

da cui quella parola è fatta carne.

 

 

Paolo Melandri


28 dicembre 2012