Non credete ai poeti: i loro occhi
non sono umani, sono indifferenti
alle angosce, si beano di delirio –
a volte, stanchi, guardano le cose
e gli uomini
come non li vedessero davvero
perché realmente invero essi non curano
gli interessi umani
e se anche, come càpita talvolta
considerano molto attentamente
cose prese
a cuore
dalla fatica del cuore dell’uomo –
le stesse cose, le identiche cose
viste dagli occhi indifferenti
sono tutt’altre cose
Non credete ai poeti: i loro occhi
non hanno libertà di errar vagando
devono mirare al loro scopo
senza disturbi, e mai pensare ad altro –
escludono di colpo
ciò che non li cattura e non li attira
ma chiusi giù nel carcere più buio
vedono lo stesso
come pure
sotto la sferza del meriggio
niente li può abbacinare
Gli occhi dei poeti
anche in mezzo a un massacro
nelle condizioni più estreme, più
disagiate
possono indisturbati
vedere e
non vale richiamarli –
non c’è niente
che li impressioni
non c’è autorità
che valga per loro:
conoscono solo il loro dovere
ma questo lo possono poi riconoscere
sol essi da soli:
nessuno, intima legge, può pretendere
- dall’esterno -
di insegnarglielo
Non credete ai poeti: i loro occhi
non sono mai vivaci ed espressivi
si comportano automi
per vedere ciò che non vedono
la realtà simbolica
fatta per loro
l’aquila i lupi
i minus habentes
magari a volte gli «intellettuali»
possono avere
la loro espressione in fondo agli occhi
e tenerci di averla
non i poeti
che non sanno davvero cosa farsene
delle impressioni
con che impressionano gl’uomini
Non credete ai poeti: i loro occhi
non sono «finestre dell’anima»
e ciò è evidente per questa ragione
che i poeti non hanno l’anima
son fatti tutti d’occhi dentro e fuori
«la vista interiore»
sebben sia vero che gli occhi senz’anima
dei poeti
sappiano esser signori dispotici
delle anime che li sentono
e stanno in ascolto
Non credete ai poeti: i loro occhi
non sono dei coltelli penetranti
benché attraversino, alle volte, arditi,
strati geologici
per giungere a realtà che sono loro
ma non è detto debban penetrare
di necessità alcunché
perché la realtà fatta per loro
è sempre chiara e distesa
come un quaderno aperto
Non credete ai poeti: i loro occhi
non sono solenni –
è la realtà fatta per loro
ch’è solenne alle volte
ma alle volte può essere sguaiata
o quanto delicata
Non credete ai poeti: i loro occhi
non sono lanterne magiche
non creano essi gl’incanti
ma sanno riprendere a volte gl’incanti
come alle volte captano realtà
tutt’altro che incantevoli
quella arida secca ad esempio
vista dagli scandagli di Montale
o di Ungaretti –
più stupenda del resto, eccome
di molti splendidi incanti –
dei tramonti o dei rimpianti
Non credete ai poeti: i loro occhi
non è che siano poi una grande cosa
come alcuni li fanno –
è vero sono anch’essi partecipi
del vano errar precario delle cose
ma sono una cosa
che ha un suo significato ben specifico –
di porta in porta non chiedono a prestito
né mendicano
la loro ragion d’essere
ad altro che non sia il lor stesso incanto –
di poche cose al mondo
si può dire che sono
ma quello sguardo perso dei poeti
è una di queste
né c’è bisogno
farli divini
elefantismo
ch’essi rifiutano –
sono contenti
di essere come sono
cosa difficile anche questa
al mondo scialbo che torpido inganna
Non credete ai poeti: i loro occhi
non è proprio che siano solitari
per loro scelta
non hanno affatto la boria
di starsene in un eremo
amano sinceri la comunione
con tutto –
ma se alle volte appaion solitari
è perché si fa a gara
a tenerli discosto
certo essi dal canto loro
non fanno niente
per essere popolari
Son gli occhi dei poeti assai insensibili
all’aria che tira
a che tempo (che) fa
a questo di oggi ed a quel di domani –
a volte si servono della moda
o fanno essi la moda
ad ogni modo son sempr’essi soli
a servirsi della moda
non la moda di loro
questo è impossibile
Ma quegl’occhi dei poeti
dappertutto son guardati
con sospetto oggi più che nel passato
e certo ovunque è comune dire
che non si sa che farsene della poesia –
ma dappertutto – vedi – si pretende
come non mai commissionarle
quello che deve dire
ed essa molte volte e più si vendica
non dicendo niente
«tempus loquendi, tempus tacendi»
adesso è di tacere
per questo è quasi ridotta al silenzio
del resto è noto gli occhi dei poeti
non sanno neppur loro
quello che dovranno vedere
ma sanno solo ch’essi obbediranno
al loro dovere
se il lor dovere si farà sentire
Lo sguardo dei poeti è una carogna
niente c’è più carogna
della “divina” poesia
pensare che si dice
degli occhi dei poeti
che guardano sereni
e nobili e solenni
però nessuno li ha mai visti
quando guardano
del resto di moltissime altre cose
si dicono bestialità soltanto.
I raggi x negl’occhi dei poeti
ci vedono anche in fondo alle parole
e la parola quando l’hanno vista
gli occhi di un poeta, mai più quella
sarà, che tutti usano: un fantasma
vi hanno scorto gl’occhi di un poeta –
può esser, la parola, la più trita
la più abusata nell’uso comune –
là dove l’hanno vista quei suoi occhi,
si porta addosso una nascente immagine
di novità, che unica la rende.
Inimitabil, unica parola –
com’era nel principio e ora e sempre
e nell’ora degli occhi dei poeti
da cui quella parola è fatta carne.
Paolo Melandri
28 dicembre 2012