Un demone gentile ha regnato sul Festival del Teatro di Avignone 2012. Tradizionale appuntamento di luglio nella Città dei Papi, l'evento sforna dalle sue origini sequenze di attori e registi, un intreccio di proposte e di rivisitazioni di testi e di scene di ogni epoca, recuperando l'eterno messaggio della rappresentazione dell'uomo e della sua vita, delle sue emozioni e delle sue ansie. Anche al tempo della crisi Avignone non ha mancato di stupire. La lezione della 66a edizione del Festival avignonese, come si è potuto cogliere proprio dal cuore della Mouette, nella Corte d'Onore dei Papi, è stata di quella di eroi di uno spettacolo ineguale, che ha lasciato un'impressione mitigata nonostante il successo di pubblico e di critica. Conclusasi il 28 luglio, la manifestazione ha tuttavia mostrato qualche limite a causa delle sfavorevoli connessioni finanziarie, ecologiche e politiche. Non meno contrastato è il bilancio del Festival, dove la parte del leone l'hanno recitato i grandi artisti stranieri. A riprova si ricorda l'interessante adattamento del romanzo del russo Michail Bulgakov, "Il Maestro e Margherita" da parte del britannico Simon Mc Burney, un vero e raro gioiello all'apertura del Festival, dopo i fasti dell'edizione passata. Il finale certamente interessante degli spettacoli (quello magistrale di Sophie Calle, in particolare) non ha alzato, peraltro, la qualità un pò in calo, a mio avviso, di questa saga del teatro nella terra in cui Petrarca cantò Laura.
Casalino Pierluigi, 30.07.2012