*Pier Maria Leandro Romani a Spoleto con Sgarbi
In 20giorni 7 mila visitatori
«Spoleto Arte»: prorogate al 27 luglio lemostre curate da Vittorio Sgarbi
Il critico d’arte intanto querela RobertoD’Agostino per le insinuazioni pubblicate su «Dagospia»
SPOLETO – Mentre ilFestival di Spoleto (3 milioni di finanziamenti pubblici) «sbaracca» segnandoun calo di presenze e d’incassi, le mostre di «Spoleto Arte», il nuovocontenitore ideato da Vittorio Sgarbi con il supporto organizzativo di SalvoNugnes, rilancia prorogando le mostre fino a venerdì 27 luglio, inconsiderazione, soprattutto, delle numerose richieste che pervengono da associazionie sodalizi culturali che hanno programmato una visita nella suggestivacittadina umbra.
Glispazi espositivi di Palazzo Racani Arroni ospitano le mostre di Gillo Dorfles, Gaetano Pesce, Gino DeDominicis, Patrizio Mugnaini, Fausto Pirandello, Franco Vitelli, PiermariaLeandro Romani, Michail Misha Dolgopolov, Maria Savino e Andrea Martinelli.
L’ingresso è libero. Dallo scorso 30giugno, data dell’inaugurazione, i visitatori sono stati poco più di 7 mila.
«Spoleto Arte» è nata dopo il burrascosodivorzio tra Sgarbi e il Festival dei DueMondi. E, a differenza del festival diretto da Giorgio Ferrara che gode difinanziamenti pubblici per circa 3 milioni di euro, la rassegna ideata da VittorioSgarbi e dal produttore Salvo Nugnes è interamente sostenuta da sponsorprivati. Circostanza attorno alla quale non sono mancate le speculazioni, chehanno costretto Vittorio Sgarbi nelle ultime ore a querelare il popolare sitodi gossip «Dagospia» per le insinuazioni fatte sia sul critico d’arte che sulproduttore. La querela di Sgarbi a D’Agostino segue quella al sindaco diSpoleto De Benedetti e al Presidente del Festivaldei Due Mondi Ferrara che, sebbene non vi fosse alcun rapporto formale,hanno utilizzato il nome di Vittorio Sgarbi.
Questigli artisti nella descrizione di Vittorio Sgarbi
Si apre con Gillo Dorfles, il decano deicritici italiani, il quale negli ultimi anni ha fatto esplodere una potente esommersa creatività, manifestata in pitture e, ultimamente anche in ceramichedi travolgente fantasia nelle quali rivive l’euforia di Mirò e una remota suggestionedi artisti armeni come Arshile Gorki e Leone Minassian. Dorfles, che si avviaai 103 anni, è perfettamente contemporaneo di Giancarlo Menotti, l’uno nato nel1910, l’altro nel 1911. Nella città che preferisce dimenticare il fondatore delfestival, Dorfles rappresenta il ricordo, la storia che continua. E vederlopasseggiare per Spoleto sarà come rivedere Menotti con il suo sguardo carico ditempo e di esperienza.
Si continua conil più rivoluzionario, innovativo e originale dei designer italiani, Gaetano Pesce, che vive a NewYork, ideale testimone dei Due Mondi che hanno in lui una sintesi di tutto ilpassato e di tutto il futuro, che nessuno meglio di Pesce fa convivere. Unaseconda festa nelle forme e nei colori, a fianco di Dorfles.
Ritorna poi aSpoleto, dopo la proposta di alcuni capolavori della prima maturità, Fausto Pirandello, il piùintenso e interiore artista italiano tra le due guerre, nel quale si evidenziail conflitto con il padre. E che, però, nel secondo Dopoguerra, come evidenziala mostra, sperimenta soluzioni formali tra figurazione e astrattismo, in unarinnovata riflessione su Cezanne e su Picasso. Apparirà evidente, in questanuova mostra, la ricerca inquieta e continuamente insoddisfatta di Pirandello,spinto da Lionello Venturi verso un astrattismo non convinto, nel quale sempresi riaffaccia la nostalgia del corpo umano, la presenza dell’uomo, nella suainstabilità, fino alla inevitabile riemersione della figura, fantasma dellaforma, tormentata, ma definita negli anni ’30. Pirandello è il pittore del dubbio,del tormento, anche nei momenti di più acceso e formalistico sperimentalismo.
Fra i più giovaniMaria Savino che, dopol’esperienza della Biennale, a Spoleto ha pensato di rendere omaggio a ungrande umbro: Alberto Burri. E ha preparato una serie di «Neri», luminosi esplendenti, accesi da intarsi gialli e d’oro che rendono viva la materia, in unesercizio di assoluto formalismo, nello stesso spirito dei maestri del goticointernazionale, che assorbivano tutta la luce nel fondo d’oro. La ricercaartistica della Savino si fa così mistica, in una attrazione dello sguardoverso un buio che manda luce, come nell’esperienza descritta da Juan de LaCruz. La Savino, in tal modo, tiene insieme la pittura e l’arte concettuale,perseguendo un rigore formale. Anche negli intarsi policromi si riaffaccia lalezione dell’ultimo Burri, reinterpretato in chiave lirica, con delicatezzecromatiche nuove. Ancora esercizi intorno a un modulo formale definito, in unritmo iterativo come quello delle preghiere.
All’esperienza surrealistasi rifà invece Patrizio Mugnaini,il quale intende la pittura come gioco, meraviglia, invenzione onirica. Nato aBuenos Aires, Mugnaini vive a Firenze, e persegue il primato del disegno, ma lasua pittura non sarebbe senza una decisiva riflessione su Van Gogh come esempiodi urgenza e necessità espressiva. Una irresistibile spinta a comunicare con ilmondo, a non nascondere il proprio turbamento interiore. Ed è certo che Mugnainiè irresistibile. La sua vitalità, la sua necessità di esprimersi, sonoincontenibili. La sua pittura esprime energia, ed è indifferente alla coerenzaformale, intendendola come un limite all’espressione della vita. Il mondo chela sua pittura rivela confina con quello del più creativo dei nostri surrealisti:Luigi Serafini. Ma non è da credere che sia una derivazione diretta. E’ unacoincidenza di vitalità.
E ancora vitalitàesprime l’esperienza totale di PiermariaLeandro Romani con il suo Paesereale, un moderno Spoon River diviventi, con i disegni di tutti i cittadini di Stienta, in una continuaprogressione fino all’esaurimento. Paese reale, appunto. Cittadino percittadino, ognuno protagonista della propria vita con osservazioni eannotazioni, pensieri buoni e pensieri cattivi di ognuno, raccoltidall’artista, l’impresa pittorica che ha ispirato il progetto di OlivieroToscani Fratelli e sorelle d’Italia.Il microcosmo di un paese consente un avvicinamento più compiuto con un residuoantropologico in tempi di globalizzazione tra identità e banalità. Radici eluoghi comuni. Radici comuni e luoghi universali. Sapere d’istinto epersuasioni occulte, autonomia di giudizio e automatismi. Spiritod’osservazione e idee ricevute. Questo è il Paesereale di Romani. Ed è anche il paese che cento anni fa mio nonno Vittorio(anch’io come lui, Sgarbi) con il suo mulino portò la luce elettrica. Quellaenergia si rinnova oggi nella intuizione luminosa di Romani.
Se Gaetano Pesce vive e lavora aNew York, Michail Misha Dolgopolov sta tra SanPietroburgo e Mosca, vivendo una infinita nostalgia dell’arte italiana e inparticolare del Rinascimento, riabilitando tutte le tecniche tradizionali nelmarmo e nel bronzo, cercando, alchemicamente, di riportarle a una vita organicaattraverso il trasferimento del modello su superfici sagomate di pelle. Se laforza plastica è l’elasticità dell’epidermide, riproducono un duplicato dellavita, cloni immobili come statue di cera, in un mondo parallelo. Misha, con lascultura, oltrepassa il ritratto di Dorian Gray, impedisce al secondo corpo dalui generato di invecchiare, come quello da cui trae origine. E mentre noiattraversiamo il tempo fino a consumarlo lui, nelle sue statue, lo arrestaimpedendogli di divorarci. A Spoleto vedremo la sua finzione concorrere con lanostra realtà.
Gino De Dominicis è l’artista più antico e contemporaneo che ioabbia conosciuto, di cui tutti ricordano la vita eroica e misteriosa, e l’artesolitaria e intransigente. Nessuno può inserirlo in una corrente, in un gruppo,in una tendenza secondo le ripartizioni che hanno contraddistinto, daifuturisti all’arte povera, l’intero Novecento.
Gino fu ed è beffardo eindipendente, superbo e individualista. Attraversò, infilò con la sua lancia d’oro,avanguardisti, poveristi e transavanguardisti. Li mortificò con la sua calamitacosmica. Lui fu classico e ricco, allegro e malinconico, senza crisi e disagi,senza tormenti e turbamenti, luminoso e notturno, nero e oro; e nero e nero; eoro e oro. Oggi riappare, presente e sfuggente, benché fosse più sfuggentequando era presente. E invece, ora e sempre, hic et nunc è. Nel nostro tempo.Nel suo tempo. In tutti i tempi. Fuori del tempo. Onore a Gino De Dominicis.
Sulfronte del realismo (ma non meno visionario) si pone invece AndreaMartinelli, l’artista più rigoroso, severo, e interiore che abbiaaffrontato, tra i due millenni, la figura umana, per indicarne il valore nonnegoziabile tra estetismi e sperimentalismi.
L’arte è per l’uomo e l’uomo èper l’arte. Così le figure familiari, iparenti e gli amici, sono l’orizzonte della vita che ci è data e con la qualeMartinelli si misura. È un confronto alla pari, in cui solo l’artista haresponsabilità ma, con il suo corpo a corpo con il quadro, non esce actionpainting o pittura informale, ma una minuziosa, maniacale rappresentazionedella condizione umana, in una fissità immobile, senza palpiti, quasi minerale.I dipinti di Martinelli sono irrespirabili, anti impressionistici, ma nonaspirano a una nuova “Nuova Oggettività”, e tanto meno a una competizioneiperrealistica con la fotografia. Essi esprimono e ci trasmettono, ancora unavolta, vitalità; ma una vitalità individuale, individuata, come carte diidentità di una condizione psicologica e sociale. Senza alcun rapportoesplicito con la storia, la società, la comunità. Quella di Martinelli è una supremaaffermazione di individualismo.
Chiude la seriedelle singolari personalità presenti a Spoleto Franco Vitelli, di età incerta, benché se ne hanno notiziefra il 1082 e il 1136. Egli è l’ultimo dei Cosmati che, nelle chiese romane,hanno composto con gusto classico e fantasie orientali, tappeti di pietra, inmirabili intarsi geometrici, che sfidano il tempo. E non soltanto per la elettamisura formale ma anche perché, come per nessuna esperienza creativa, essi sonofuori dal tempo, in un tempo fermo, che per mille anni, come per altri mille,non evolve in forme nuove. Magister Vitellius agisce così come il lapicida chefu nel XII secolo. E non produce l’illusione ma la realtà dell’antico inpavimenti, come tappeti, che sono il corrispondente a terra dei mosaici allepareti. Non vetri dipinti ma pietre antiche di una Roma che non muore mai, laRoma antica che continua a vivere nella civiltà cristiana, tra Medioevo eRinascimento, ed è viva anche oggi. Così l’ultimo dei Cosmati non restaura mainventa: egli posa frammenti di marmo derivati da lapidi e colonne di recupero.Guidato dal magistero di Raniero Gnoli e di Dario del Bufalo, Magister Viteliusritrova l’ordine perduto come un istinto, coltivato con approfondimento,cultura e studio. Nei Cosmati ha al suo archetipo l’arte astratta, in perfettegeometrie, in una armonia dell’antico che si propone non con figure, santi emadonne come nei mosaici, ma si compone in coordinate geometrie. Dunque l’arteastratta nasce tra il XI e XII secolo e continua a riprodursi fino a diventarecontemporanea, in uno spazio senza tempo, che è anche il nostro tempo. L’arte ècontemporanea.
Il catalogo èedito da «Antiga Edizioni».
Sono disponibili,a richiesta, le schede degli artisti e il relativo corredo fotografico. E’possibile concordare interviste con il curatore e gli artisti contattandol’Ufficio Stampa.