Sgarbi , futursindaco di Cefalù risponde al sindaco passatista alle corde

 

 
Roma, mercoledì 28 marzo 2012

 

 

La polemica con i Borsellino

Sgarbi: «Dal sindaco uscente

di Cefalù disgustosa retorica»

«Non cerco, come egli intende attribuire a me, d’ingraziarmi la famiglia Borsellino con ridicole

lettere di solidarietà non richiesta»

 

ROMA – Vittorio Sgarbi risponde al sindaco uscente di Cefalù, Giuseppe Guercio, l’ultimo, dopo Gozzo e Granata, a inserirsi nella polemica tra il critico d’arte, Agnese Piraino Leto e il figlio Manfredi Borsellino, il Dirigente del Commissariato di Polizia che ha mandato i poliziotti a chiedere copia di una intervista radiofonica rilasciata da Sgarbi a «Radio Cammarata Cefalù»:

 

«La disgustosa retorica e i riferimenti al «sangue», al «grido della terra» e agli «stupri», del ridicolo Guercio – dichiara Sgarbi - che continua a commemorare la violenza distruttiva della mafia iscrivendosi nel «partito degli onesti», nonostante la sua conclamata inettitudine politica e amministrativa (per la quale è stato abbandonato anche dai suoi sostenitori politici) ben si accordano al significato del suo cognome: «…Trasversale, obliquo, storto, bircio, losco…».

Vorra smentirmi inviando gli uomini di Borsellino a chiedere l’originale di questo testo ?

 

Non cerco, come egli intende attribuire a me, d’ingraziarmi la famiglia Borsellino con ridicole lettere di solidarietà non richiesta.

Io non ho attaccato «il dott. Borsellino»,  né sua madre. Ho ristabilito la verità delle parole contro il tentativo di farmi tacere o di impedirmi di parlare di ciò che di buono è stato fatto ed è stato detto. Ho individuato l’evidente concussione di Manfredi Borsellino. Reato che, se può essere contestato al Presidente del Consiglio, amico di Saverio Romano, imputato per mafia, del partito in cui si è candidato Guercio, senza che io esprimessi indignazione per la sua incoerenza, non si capisce perché non possa essere ipotizzato anche per un dirigente di polizia. Il quale non è santo o incolpevole solo perché figlio di Borsellino»

 

 

Povero Guercio. Verrebbe da commiserarlo se, sconfitto, e rinnegato, senza accorgersene, dal suo stesso vice sindaco (che, insieme ad altri, venne, certo non da me sollecitato, a chiedermi di candidarmi, per la sua manifesta inettitudine) non cercasse adesso di farsi vedere in una questione che non lo riguarda»