IL DESTINO DELLA POLONIA
NE “IL TEMPO E LA MEMORIA” (CASALINO PIERLUIGI, ENNEPILIBRI, IMPERIA, 2006)
(DALLA TRAGEDIA DEL 1939 A YALTA, DA YALTA A GIOVANNI PAOLO II)
Durante la Conferenza di Yalta Churchill e Roosevelt dovettero sollevare la questione della Polonia. Stalin, per il quale lo “satus quo” in Polonia era interamente soddisfatto, attese per due sessioni plenarie, finchè l’Occidente fece la prima mossa il 6 febbraio 1945. Persino mentre i due leaders occidentali presentavano le loro posizioni, egli rimase paziente e calmo, sottolineando che gli interessi americani erano, in fondo, marginali, se paragonati a quelli della Russia, e riservandosi di fornire la sua risposta sulla base di su quello che i capi di stato americano o inglese concedevano o richiedevano. Roosevelt doveva tenere conto dei se o sette milioni di polacchi negli Stati Uniti d’America, cui si atteneva per la sua posizione, mentre Churchill riassumeva che gli interessi britannici in Polonia non erano certamente così importanti, ma che si trattava di mantenere fede ad una questione d’onore e di cavalleria.
Dal punto di vista della diplomazia sovietica, sia l’onore britannico che l’esigenza dell’America si salvare la faccia con gli immigrati polacchi, potevano essere conciliati in una soluzione russa. I verbali sovietici dell’epoca riportano, d’altra parte, l’atteggiamento di discredito nutrito da Mosca nei confronti di Churchill, sottolineando l’inattendibilità delle dichiarazioni del premier britannico, secondo il quale la Gran Bretagna era entrata in guerra proprio per aiutare la Polonia e che Londra, al contrario, non mantenne le promesse, privando i polacchi delle garanzie assicurate con l’intesa del 1939). Le memorie dello stesso Churchill, del resto, confermano, a testimonianza delle convinzioni sovietiche, l’atteggiamento attendista dell’Inghilterra e della Francia: il leader britannico rivela appunto che Londra e Parigi si concessero davvero una pausa quando la Polonia fu attaccata.
I russi (proprio quei russi che si erano segretamente accordati con la Germania nazista per spartirsi la Polonia!) accusarono Francia e Gran Bretagna di essere rimaste impassibili e di aver lasciato mano libera a Hitler, senza alcun rimorso. Stalin ribadì che l’interesse di Mosca nella questione polacca non era negoziabile. Convenendo che la Polonia era un punto d’onore per il governo britannico, il Capo del Cremlino disse che l’onore era solo parte della questione reale. Non permettendo che l’argomento si esaurisse, così, Stalin sottolineò con forza che l’onore era in questione anche (e soprattutto) per la Russia (?!), a causa dei “peccati” della Russia zarista contro la Polonia, ignorando i “crimini”orrendi commessi a sua volta dalla Russia sovietica in quel Paese, con la complicità dell’alleato di eri, cioè la Germania nazista, in forza dello scellerato patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939.
Divenendo tanto moralista quanto Churchill, e usando un linguaggio denso di reminiscenze dei suoi giorni in seminario, Stalin insistette (ricorrendo alla più spregiudicata e cinica forma “gesuitica” della Ragion di Stato, e adottando un atteggiamento improntato ad un’ipocrisia che sconfessa quei nipotini di Lenin che hanno creduto al marxismo leninismo come una fede salvifica e di fratellanza universale: la politica della Russia, al pari di quella delle altre grandi potenze, del resto, e non solo ovviamente durante la Seconda Guerra Mondiale, ma da sempre, non insegue o inseguono certo improbabili visioni ireniche, ma è e sono volte a soddisfare crudamente più gli interessi nazionali, che quelli di facciata, nessun Paese facendo eccezione, per amore di verità) che il governo sovietico intendeva “espiare quei peccati zaristi”. Ma continuò Stalin, per la Russia, la questione della sicurezza, la vita e la morte dell’URSS, era più cruciale dell’onore (da un certo punto di vista, in verità, la posizione di Stalin, era comunque comprensibile alla luce dell’inatteso voltafaccia tedesco manifestatosi con l’”Operazione Barbarossa” lanciata contro la Russia nel giugno 1941.
Due volte negli scorsi trent’anni, ricordava Stalin ai suoi interlocutori occidentali, i tedeschi avevano attraversato la Polonia per attaccare la Russia. Stalin attribuì il successo dei tedeschi (anche nella Prima Guerra Mondiale per attaccare la Russia zarista) all’incapacità dello stato polacco a difendersi (anche in occasione della proditoria pugnalata russa nel 1939, allora?), con la Russia impossibilitata ad agire. Stalin concluse che la soluzione che meglio garantiva la sicurezza sovietica era la creazione di una Polonia potente, libera e indipendente (succube della Russia e controllata da Mosca, pertanto) . in questo modo, Stalin fece intendere che la sicurezza della Russia era sinonimo della libertà e dell’indipendenza polacca (!?).
Affermando che la Polonia aveva da temere solo gli zar, Stalin sottolineò la differenza fra la politica sovietica e quella zarista (dimenticando l’insistenza con cui Lenin voleva risolvere, agli inizi degli anni Venti, la controversia con la Polonia, ricorrendo alla “forza delle baionette dell’Armata Rossa”) gli zar – ripeteva ossessivamente Stalin agli Alleati durante la Conferenza di Yalta – avevano tentato di impossessarsi della Polonia, mentre, per contro, la Russia sovietica aveva rinunciato ad una politica così disumana (!?) e seguivano la strada dell’amicizia con la Polonia, come se lo sterminio della classe dirigente polacca e di tanti inermi cittadini di quel Pese ad opera della polizia segreta sovietica non fosse avvenuto).
Per espiare la trasgressione degli zar, la Russia desiderava essere ora la protettrice della Polonia: una Polonia che fu inglobata nel sistema sovietico dopo il 1945 e dai cui si liberò di fatto solo dopo gli eventi del 1989-1991, che segnarono il definitivo crollo dell’Ordine di Yalta, alla cui nascita contribuì la stessa complicità degli Alleati e alla cui eclisse portò in larga misura il pontificato del polacco Giovanni Paolo II.
Testimone oculare dell’avanzata travolgente dell’Armata Rossa in territorio polacco, mio padre Casalino Michele, sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri (ascolta, in proposito, l’intervista rilasciata da Casalino Pierluigi ai microfoni di RADIO 24 de IL SOLE 24 Ore su “LA STORIA DI CASALINO MICHELE”, protagonista de “IL TEMPO E LA MEMORIA” di Casalino Pierluigi, Ennepilibri, Imperia, 2006), non solo comprese chiaramente, sul campo, la portata del disegno imperialistico della Russia di Stalin, che andava oltre i regimi che governavano a Mosca, ma intuì da molti segni la situazione geopolitica bipolare che si sarebbe determinata a conclusione del conflitto, e il successivo scoppio della “Guerra Fredda”. Ancora ai giorni nostri, peraltro, la Polonia, membro di diritto dell’Unione Europea, sembra vivere con ansia e sospetto il suo rapporto con la Russia post comunista.
Casalino Pierluigi, 28.01.2012.