Giovanni Citterico All’ombra delle anime buone (Este Edition , Ferrara 2011) recensione by Emilio Diedo

Giovanni Citterico

All’ombra delle anime buone

In copertina, squarcio fotografico dell’autore

Este Edition, Ferrara 2011, pp. 72, € 8,00

 

L’autore di questo libro, che impagina sei ottimi racconti horror, a parte uno, virante in una forma d’illiceità a malapena riconducibile ad una duplice fattispecie comprendente la violazione di domicilio ed il furto improprio, di vino (cfr. Benito, pp. 31-33), è alla sua opera prima. E siccome Giovanni Citterico è ancoraabbastanza giovane, da come scrive, si pensa proprio che ne debba pubblicare altre, di opere valide.

All’ombra delle anime buone, titolo demarcatore della presente pubblicazione, potrebbe dare un’ambigua idea sui contenuti. Ma tant’è, visto che ormai, in queste prime righe, è stato posto un sigillo di genere.

Ordunque si deve pensare per certo che i protagonisti delle trame, se non sono vittime, sono carnefici («Non sono anime buone, ne vorrebbero esserlo», sono appunto esseri «all’ombra delle anime buone, uniti nella banalità del male, [che] sanno d’essere agli occhi del mondo individui cupi, spettri», cfr. p. 5).

Sei storie, sei personaggi. Si potrebbe d’acchito credere che potessero essere stati pensati, questi sei personaggi, per una loro pirandelliana ricerca d’autore. Assolutamente no. Sono sei personaggi che, dovendo aizzarli ad una ricerca, semmai potrebbero dirsi, ognuno nella sua distinta storia da proporre, alla ricerca d’una loro identità.

Prim’ancora di gettarci nel tentativo d’analisi dei vari racconti è opportuno accennare al burattinaio che, tramite i suoi tirannici fili, comanda i personaggi e le relative storie. Parlo naturalmente dell’Io Narrante, che nasconde il vero volto dell’autore del narrato, facendosi alter ego. Non poteva trovare nome migliore il Narratore. Sotto le più modeste mentite spoglie delle iniziali U. D. si cela nientepopodimeno che un eloquente Unico Diò, immediatamente rettificato, dall’autore titolare del libro, in Unico Dio, protagonista oltre i sei racconti: vedansi: Cosa, Chi, Perché e, nel capitolo 0, appunto U. D. e Fine, cfr. pp. 5-7 e 70.

Venendo al costrutto delle trame, anzitutto si deve annotare il fatto che i nomi degli interpreti principali talora forgiano icastica metafora, palesata tramite il cognome, d’un loro parossistico, criminale comportamento. E così Costanzo Giano è rappresentativo, nel suo doppio, opposto significato, d’un’ovattata normalità defilatanel male che il soggetto è capace d’esprimere. Mentre Nello (Antonello) Parca assurge addirittura ad emblematico mito d’ineluttabilità, in quanto soggetto direttamente determinante il destino d’altri esseri umani. Alla stregua di quelle Moire o Norne, o giustappunto Parche, rievocanti dal suo cognome, facendosi scudo con la sua pazzia, uccide gli esseri umani come fossero fastidiose, noiose mosche.

Nell’insieme delle sei variegate scenografie che ‘Unico Dio’ c’impone, a parte, come si disse, Benito (Benito Colanove), che, vittima piuttosto che il contrario, ancora conserva la sua ‘anima buona’, assuefatto ad un mondo ormai balordo malandato abusato insensato, al lettore viene commissionata una ‘seriale’ pietanza di morti, a causa d’omicidio, e persino di sterminio, d’eutanasia e nel contempo suicidio, con giustificazioni (se si potesse minimamente credere che possano essere tali) ogni volta originalmente ammalate d’onnipotenza. Tutta un’assurdità, tutta una gratuità drammaticamente realistica, che nel quotidiano è, e più spesso in quest’ultima epoca, cronaca vera, di cui non se ne vorrebbe parlare. Perché solo ad accennarne viene la pelle d’oca.

Al di là della diabolicità e bestialità dell’ammazzare unicamente perché piaccia farlo, caratteristica di personalità psichicamente patologiche (Costanzo, Albert – dove l’igiene etica nazista praticata agli Ebrei è quasi resa ammissibile dall’autore in forza d’una precedente citazione di Konrad Lorenz, cfr. p. 6 –, Nello, e Martina Scialoia – l’unica che potrebbe avere il riconoscimento d’un’attenuante, per l’esperienza negativa vissuta in un mondo d’opportunità e di poteri), l’ultimo racconto (I fratelli Glucherber, pp. 58-69) contempla addirittura l’assassinio a scopo commerciale: produzione, d’una ditta all’avanguardia (SPPRCIA = Sezione Provinciale di Produzione e Ricerca su Carni Insaccati e Affini), di prosciutto crudo ricavato dalla carne umana.

Trame raccapriccianti ed incredibilmente disumane che, nel far accapponare la pelle, esaltano una fantasia scrittoria eccezionale e, proprio per questo tipo di curiosità, che assorbe in maniera più forte di quanto non appaia la crudezza delle contestuali azioni, il libro si lascia divorare.

 

Emilio Diedo349/1094458 - emiliodiedo@libero.it 

 

*Giovanni Citterico È nato a Monza, dove si è diplomato all’Istituto d’Arte in Comunicazione Visiva.

Vive a Ferrara dal 1990 e questa è la sua prima pubblicazione.

 

 

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