Cefalù, martedì 10 gennaio 2012
Al Museo Mandralisca di Cefalù
«scoperto» capolavoro di Caroselli
La nuova attribuzione fatta da Vittorio Sgarbi
CEFALU’
(Palermo) – Per anni si è ritenuto che fosse l’opera di un anonimo olandese della seconda metà del XVII secolo; da ieri però la tavola (olio su tela, 29 x 39 centimetri) con il titolo «Melanconia», custodita all’interno del Museo Mandralisca di Cefalù, ha avuto restituita la sua vera paternità: si tratta di una Vanitas di Angelo Caroselli (10 febbraio 1585 – 8 aprile 1652)
, pittore caravaggesco.La «scoperta» è stata fatta da Vittorio Sgarbi nel corso di una visita all’interno dell’importante museo siciliano.
«Ero stato alla Fondazione Mandralisca – spiega Sgarbi - la prima volta, 40 anni fa, e poi in altre due occasioni più recenti. Ma la forza di attrazione del noto Ignoto di Antonello da Messina, la fretta o la minor disponibilità a guardare gli altri dipinti non mi avevano fatto osservare con la dovuta attenzione un’altra memorabile tavoletta, poco più grande del dipinto di Antonello. Si tratta di un olio su tavola di 29 x 39 centimetri (il capolavoro di Antonello è 31 x 24,5 cm) ed è registrato nel cartellino e in una riproduzione provvidenzialmente tradotta in cartolina come «Anonimo pittore olandese della prima metà del XVII sec., Melanconia».
«La datazione – aggiunge Sgarbi - è approssimativamente azzeccata, il resto è sbagliato. Si tratta infatti di un’opera inequivocabile di Angelo Caroselli (anche nella variante, interna al suo corpus, dello pseudo Caroselli), e il soggetto è, in tutta evidenza, una Vanitas. La donna, con un copricapo di velluto rosso, con una borchia d’oro, inclina lo sguardo (questo sì, malinconico) su un teschio che svela (la mano sinistra solleva il velo), sul quale poggia un libro aperto con la scritta: «Quam amara memoria tua». La mano destra indica il libro. Indiscutibile riflessione sulla morte, vanitas o memento mori; ma anche, possibilmente, richiamo a una persona amata: il padre o il marito (nel quale si adombra il proprio inevitabile destino).
«Da ogni punto di vista – osserva Sgarbi - rispetto all’irridente Ignoto di Antonello, l’espressione della donna manifesta un sentimento opposto. Di riflessione e di nostalgia, e non di arguzia, malizia, ironia. Il pensiero della morte non attraversa la mente del personaggio di Antonello. Tutto alla morte allude, compresa l’ombra caravaggesca che le taglia il volto, nella Vanitas del Caroselli.
«L’opera è in ottime condizioni di conservazione ed ha una qualità distinta perfino in dettagli come l’orlo ricamato dell’abito della donna o nella morbidezza delle pieghe del cappello. Il riferimento più evidente al pittore è in dipinti come l’Episodio di stregoneria della Collezione Canesso, con particolari identici, o nella Scena notturna con giocatori, e insomma nella produzione di genere di ispirazione caravaggesca legata al mondo di bari, zingari, maghi, giocatori, prediletto dal Caroselli.
«Il dipinto della Fondazione Mandralisca – spiega ancora Sgarbi - ha un potente chiaroscuro, che accentua i volumi, e una straordinaria sintesi compositiva nel movimento delle mani, come in un inconsapevole omaggio ad Antonello che con le mani tentò la profondità dello spazio nell’Annunciata di Palermo o nel Redentore di Londra.
«Non stupisce che anche per questi requisiti la singolare Vanitas abbia incontrato il gusto del Barone di Mandralisca Enrico Pirajno. E’ venuto il tempo di riaffiancarla al dipinto di Antonello, come forse, viste le dimensioni, fu nel suo Gabinetto di Storia Naturale e Belle Arti»
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