Rita Montanari
Le piume del tempo
In copertina disegno di Franco Patruno
Nota di ringraziamento
Prefazione di Andrea Zerbini
In quarta di copertina, nota della stessa autrice e curriculum
Este Edition, 2011, pp. 88, € 10,00
L’ultima raffinata silloge poetica di Rita Montanari, che va ad aggiungersi alle varie altre pubblicazioni, tra poesia, fiaba e carteggio epistolare, in sé intercala metafore e talora sinestesie che, nel loro ermeneutico insieme, catalizzano un afflato esistenziale. E, nelle strofe indirizzate a Dio, amore e poiesi per eccellenza e definizione, è rappresentato esempio di collegamento col sublime.
Non è un mero caso che nella prefazione, rievocante il distico salmodiale Insegnaci a contare i nostri giorni / e acquisteremo un cuore saggio (salmo 90, 12), Andrea Zerbini abbia voluto includere la sostanza espressiva di questa raccolta. «Nell’incipit dei salmi 39, 1; 62, 1; 77, 1 si dice che debbono essere seguite ed ascoltate le parole di uno che è chiamato Iedutùn e che Agostino […] traduce con la parola Transiliens: "colui che attraversa"», cfr. p. 6. «Transiliens è pure il poeta quando diviene "colui che le attraversa", che attraversa le parole accolte e trasportate oltre se stesse dall’ascolto del cuore che intende», in ibidem. Profondissimo questo concetto di trasmissione-conduzione del pensiero poetico! Va ben oltre ogni fortunata aspettativa critica, eiettandosi nell’orizzonte dell’Onnipotenza, fondendosi al divino. Ed è, proprio un siffatto presupposto, in perfetta sintonia con i due stichi-esergo di Natalia Ginzburg con i quali Rita Montanari prostra l’attenzione del lettore fin dallo start del libro (ancor prima, molto prima, dell’incipit che seguirà solo 13 pagine dopo): «… non abbiamo nessun diritto di tacere / i nostri pensieri alla nostra anima». È una dichiarazione, questa della Ginzburg, che, mettendo in un certo senso a soqquadro l’unità somatica umana, apostrofandone il dualismo anima-corpo, aggrega invece quell’unità cosmica facente capo ad un’unica ‘anima mundi’ che, in definitiva, raggiunge ancora una volta, anche se con soluzione poetica diversa, il bersaglio divino.
Il florilegio della Montanari è composto di cinque autentici petali, quattro dei quali freschi, concepiti tra il 2006-2011 (cfr. nota in quarta di copertina), ed uno ripescato dall’ulteriore, azzeccata raccolta di poesie intitolata Dal niente che resta, la cui penetrante prefazione di allora (Verso l’illimite), del defunto don Franco Patruno, la poetessa ha voluto riproporre, insieme al repêchage delle liriche ritenute più significative. Precisamente in queste ultime poesie (come del resto la parte intitolata … un senso?...) il dedicatorio, il cui protagonista in assoluto è veramente Dio, dà esaltante forza al significato dell’esistenza, più ancora che nelle dediche, pur commoventi e mai banali, indirizzate ai famigliari, inclusi i trapassati genitori (cfr. sezioni Piume e Memorie).
Non posso non segnalare qualche strofa di spessore, qualcuna tra le tante, che pone il fruitore nell’immediato, sintomatico status di passivo attore del senso estetico che la poesia, in assoluto, sa conquistarsi, grazie naturalmente al vero poeta che la sappia stanare dalla sua quintessenza. Alla pag. 24 è il cosmo a parlare, tramite una sua eco: «Milioni di soffi senza memoria / galleggiano nei vapori dell’anima: / fiocchi di neve a giocare nel sole, / zampilli impazziti schizzati all’in su / oscurano lo scenario confuso». Altra chicca: Londra, dicembre 2006 // Il cielo gonfio di luce / abbraccia a fatica la luna. / Piovono sul fiume le stelle, / limpide crune d’argento / a stento rammendano il cuore. // Quasi un manto di bucaneve al vento / intonano umili un canto / al nuovo sorriso dell’alba».
Emilio Diedo
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