Le nozze maghrebine durano in genere tre giorni se gli sposi sono benestanti, un po’ meno in caso contrario, anche se i entrambi i casi, di recente, tempi e modi dei festeggiamenti matrimoniali hanno subito un drastico ridimensionamento. L’evoluzione dei costumi, rapida tra l’altro, in tutto il Maghreb, e coincisa con la spinta verso l’emancipazione femminile, ha messo in discussione molti istituti tradizionali di quelle società. Non tenendo conto di consuetudini, protagonisti, attori o registi più o meno segreti degli eventi nuziali, restano, peraltro vive certe atmosfere. In un rincorrersi, quasi inconscio, di colpi di scena, in un crescendo dell’associazione fra il denaro, i trilli femminili e la sessualità, si finisce per monetizzare la bellezza della donna come qualsiasi oggetto di consumo e, aldilà di quello che è stato chiamato “fattore parata” (circostanza non trascurabile, se pur anch’essa sempre meno attuale), le atmosfere matrimoniali si differenziano sensibilmente l’una dall’altra. Il piacere di essere visti e osservati da decine di occhi puntati verso le fessure delle case, accresce la seduzione muta e sfrontata delle donne: e questo anche prima dell’emancipazione, considerato che, almeno in Marocco e sotto certi aspetti anche in Tunisia, la donna non ha mai svolto un ruolo troppo subalterno. Segrete parole passano da orecchio ad orecchio, altre vengono pronunciate a voce alta e talvolta sono pervase da una permissività assai disinvolta, come viene confermato da certi racconti sui pensieri delle donne marocchine, antecedenti la stagione delle riforme sociali avviate dagli Anni Cinquanta del XX secolo. Altri sguardi sono rivolti alla sposa, che viene ad ungere, accompagnata da altre giovani donne, il mignolo dello sposo e dei suoi compagni. Anche tale consuetudine sta tuttavia venendo meno. In questo coinvolgente clima di eccitazione, viene conferito ai trilli femminili, che riempiono l’ambiente in modo ripetitivo e assordante, tutto il loro significato di conquista e di seduzione, che finisce per allentare le forze le forze maschili, catturandone i sensi. Nel Maghreb, l’opposizione dei sessi si manifestava un tempo e con frequenza attraverso la “rahbiya”, che poneva uno di fronte all’altro gruppi di uomini e di “azriyat”(donne libere, cortigiane o ragazze a vario titolo): il suono della voce femminile, più che in altre civiltà, è ricco di suggerimenti sensuali e di suggestioni erotiche. Spesso, infatti, l’amore e il desiderio che nascono in tali contesti eccitati e trasognati sono provocati dalle risa o dalle parole dette a voce troppo alta, oltre che dalla descrizione della bellezza del corpo femminile o dall’intensità dei sollazzi femminili e delle connesse arti di attrarre l’uomo. La poesia autentica aveva messo in luce, inoltre, l’importanza degli ornamenti femminili nel comportamento seduttivo, ed è in particolare il caso degli anelli che le donne indossavano alle caviglie e che consentivano loro di sedurre, senza nemmeno emettere i loro trilli. Si ricordi, in proposito, il verso di un poeta arabo ispirato dal semplice fruscio dei gioielli femminili: “Guardate quelle gambe che sembrano bisticciarsi con i “Khelkhal” (gioielli). Ascoltate il clicchettio degli anelli ( e dei gioielli) accoppiati che sormontano le sue scarpette”. Anche nel nuovo approccio verso l’idea stessa di matrimonio e di unione coniugale, torna al centro il problema della donna e della sua voglia di vita e di libertà. Una realtà ormai irreversibile, che permette di affronta tre le metamorfosi cosmiche del potere. Così la donna, quale simbolo dell’esiliato, del mascherato e del velato e, contemporaneamente, della seduzione per ritagliarsi uno spazio di autonomia, occupa un momento sempre più centrale nel dibattito in corso nella presente scena politica araba.
Casalino Pierluigi, Imperia