Gianfredo Ruggiero, un filosofo scomodo

GiovanniGentile fu, con Benedetto Croce, l’esponente principale delneoidealismo italiano. La sua visione del mondo, quella di unUmanesimo del Lavoro capace di realizzare un’autentica giustiziasociale, lo portò a rielaborare in forma organica l’idealismo diHegel.

Ilsuo nome è legato alla prima (e a tutt’oggi unica) riformaorganica della scuola italiana, affidando all’insegnamento dellafilosofia e delle materie umanistiche un ruolo centrale nellosviluppo pedagogico dello studente; all’Enciclopedia italiana (conG.Treccani) alla cui realizzazione Giovanni Gentile chiamò, al disopra delle parti, le massime autorità scientifiche dell’epocasenza alcuna distinzione di credo politico affinché quest’operamonumentale (36 volumi) rappresentasse la summa del sapere italiano;alla Normale di Pisa, ristrutturata, potenziata e resa di granprestigio.

L’influenzadi Gentile sulla cultura italiana, accresciutasi nel tempo per meritodelle sue pubblicazioni, delle iniziative con Benedetto Croce e dellaproduzione della sua scuola filosofica, fu enorme e si estese anchegrazie agli innumerevoli incarichi che ricoprì durante il regimefascista, cui aderì con entusiasmo e coerenza. Va ricordato, ariguardo, l’estensione del ”Manifesto degli intellettualiitaliani fascisti ” (che sancì la definitiva rottura con Croce)che recava firme illustri tra cui quelle di Luigi Pirandello,Gioachino Volpe, Curzio Malaparte, Filippo Tommaso Marinetti, EnricoCorradini e Giuseppe Ungaretti.

Direttoredell’Istituto Italiano di Cultura, presidente dell’Accademiad’Italia e Ministro della Pubblica Istruzione durante il primogoverno Mussolini (1922-1924).

Nell’esperienzastorica avviata da Mussolini, Giovanni Gentile vide quella sintesitra pensiero e azione necessaria per portare a compimento il processorisorgimentale (depurato dalle scorie del liberalismo e superate lecontraddizioni del socialismo) e gettare le basi per la costruzionedi uno Stato moderno: lo Stato Nazionale del Lavoro.

Dopola crisi del 25 luglio 1943, aderì alla Repubblica Sociale Italianacome atto di fede nella capacità rigeneratrice dell’Italia e distima per Benito Mussolini. Sapeva, come moltissimi giovani cherisposero all’appello del Duce, che difficilmente sarebbesopravvissuto a quell’avventura e che, viceversa, si sarebbesalvato standosene tranquillo in disparte.

Feceopera di riconciliazione tra le parti per evitare una guerrafratricida che avrebbe (cosa che puntualmente avvenne) diviso gliitaliani per generazioni.

L’assassiniodi Giovanni Gentile, avvenuto Il 15 aprile del 1944 ad opera di ungruppo di partigiani antifascisti, giunse a ciel sereno: c’eranostate solo alcune minacce alla rivista fiorentina da lui diretta edestese ai suoi collaboratori, fra cui spiccavano i nomi di ArdengoSoffici e del futuro leader repubblicano Giovanni Spadolini e alcuniattacchi volgari dai microfoni di radio Londra.

Lamorte di Gentile, cui seguì la demolizione intellettuale e morale diBenedetto Croce, fu voluta soprattutto da Togliatti per sgombrare ilcampo filosofico nella prospettiva di un’egemonia culturalemarxista e fece tirare un sospiro di sollievo ai tanti intellettualiantifascisti che, come afferma Paolo Mieli nel suo saggio ”Unarilettura liberale di Giovanni Gentile”, durante il regime poteronocampare scrivendo.

Lagrandezza postuma di Gentile non sta solo nella sua statura dipensatore e uomo di cultura, ma anche nell’aver tenuto ferme, finoalle estreme conseguenze, le proprie idee: una coerenza che perquanti si schierano a destra dovrebbe essere d’esempio soprattuttooggi, nel momento in cui, come dice una bella canzone della Compagniadell’Anello, "stiamo buttando alle ortiche, per inseguire ilpotere, la nostra Fede più antica e le ragioni più vere”.

Gianfredo Ruggiero, Presidente Circolo Culturale Excalibur - Varese