Parole mai scritte (Words never writings) di Matteo Zagagnoni

 


(UNGARETTI da giovane)


MATTEO ZAGAGNONI

PAROLE MAI SCRITTE (WORDS NEVER WRITINGS)


 


AUTOZOOM

L’esperienza del nero. Non tanto come non colore, semmai come sunto cromatico del visibile, del vivibile, e, da esso, trarne a piacimento una confacente cromia a misura d’abito vitale.
Dall’eterno movimento vitale distillare fotogrammi dinamici, diapositive filmiche; la punteggiatura s’accenna e scompare lasciando all’esperire del momento libera mano, nessuna regola impera, tutto è concesso persino trovare significati laddove le parole sono aquiloni in balia di venti che ognuno brezza di vissuti propri.

La parola è un quadro senza più cornici, una tela che raggiunge il cosmo di chi la sa accogliere, pur plasmandola in stampo di proprio mai si riempie, sempre spazi aperti ed inaspettati, sempre nuove porte da aprire, o forse da chiudere, altezze da cui il tuffo è concesso ed auspicabile.
Il verso è un demone liberatore in direzione di terre d’assoluta libertà, il dolore e la gioia si fondono nell’unica possibile soluzione d’inseparabilità.
Come prodigio caleidoscopico ogni realtà è prontamente vissuta, libera di vivere e morire nello spazio concessole.
Niente più manette, qua l’arresto si compie da solo, complice, forse, di qualche lacrima gaudente.

Matteo Zagagnoni



1
Mai saprò
di me, di te, di nessuno
inabissarmi come ostrica
sui fondali del destino
Rimiro il mare
con l’occhio del silenzio
m’inghiotte vorace
l’inesauribile

2
Molliche di notte
si scollano dal
nero che invade
mie solitudini

mi sono pinto
di pennelli di brace

3
Nel socchiuso
di persiane mi
gioco bellissime
idiozie di menta

avrei potuto
uscire dalla
materia con un
tuffo d’incanto

4
Non c’è più niente da
ricongiungere ma solo
da dissacrare nel tempo
remoto di dissapori

ancora una volta s’è
aperta breccia inviolata
e come ricado nessuno
sa di prendermi a salvo

5
Non so che notturno
mi rapisca l’anima

è già oltre l’esser
florescenti di mali

nell’altro a guisa
s’annega l’oltre

tutto s’è fuso
nell’agghiaccio

perdo di petali

6
Per me la
vita è un
ritorto di
impervietà

se qualcuno
sale beato
torni a
salvarmi

7
Perdo e ritrovo impressioni
di stanchi colori a materie
consunte riorganizzare breve
di sere sfuggenti l’incorporeo

gli smarrimenti si protraggono
come sciarpe d’orizzonte e mi
sottraggo carente a cartacee
falsità verniciate di grandioso


8
Respira
la sera si gocciola
in bronchi di sogno

altro è
tornarsene soli
di calme nervose

smussando l’assurdo

9
Senti
qualcosa segna
ed è per sempre

sei stata
disattesa ne
conosco il terrore

anche la sera
s’appiomba greve
e in solo di mio
rimango in fettine

10
So che l’essere

fino di sera suppura
in congiunti d’assurdo

che il viola d’aria
mitigherà tristezze
scurendole di luce

e che pure gli
angoli nascosti avranno
rivincite come se al mare
si placassero di getto le onde

11
Sono qui ad
allevare malattie purpuree
non so che disegno sostenga
il marcire che mi fiorisce

abbrivio silente
nell’attimo più morente
come di feroce istinto
mordo promesse sconfesse

i tormenti in aborto
mi seppelliscono di dentro

l’intero spezzettato

12
Stasera non è
sera per niente
e per il nulla
chissà quando

vomito miserie
di pane raffermo
il qualunque si gira
e rappreso d’inezie

contorce l’assoluto

13
Trucioli di notte
sfittano il rientro
e vorresti presenze
ma il solo ti vince

di nebulose rade si
nebbia l’affatico sul
quale la schiena del
cuore dovrai flettere

è tanto poco rimasto
che sono nave a falla

14
Tutto s’arrovista
in cartacei piombi
un lungo addio
si dipana vano

ora son solo
tra i miei peccati
e bene mi guardo dall’alterco

la pace s’è fatta zitta
d’inghippi turchesi