Pisapia: Una toga ultrarossa incombe su Milano....

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ASINO ROSSO- gaffe della Moratti a Milano contro il candidato rivale Pisapia (sostenuto da Pd e estrema sinistra)? Pare di sì, ma il senso non cambia. Tutta la storia di Pisapia è prossima all'estremismo rosso, alla vecchia matrice postPCI! ben nota tra Lotta Continua e derive varie.... Proprio un sindaco ad hoc per la Grande Milano tradizionale  e futurista. Simpatizzante anche di Ocalan, Vauro e Hamas!

IL GIORNALE

La Colomba dedicata da Vauro agli amichetti di «Freedom Flotilla» sarà nelle intenzioni anche pacifica, ma svolazza sulle ali di una memoria comodamente corta. Una memoria opportunamente resettata non appena Daniela Santanchè, ospite giovedì sera di Annozero, ricorda al vignettista che la bandiera - disegnata per Freedom Flotilla e sventolata durante le manifestazioni per Pisapia sindaco - rischia di sollevare altri sospetti di collusioni tra estrema sinistra e terrorismo.

Per capirlo basta tornare al 31 maggio di un anno fa. Quella notte una squadra di commandos israeliani di Flotilla 13, l’equivalente dei Navy Seals americani impiegati per eliminare Osama Bin Laden, si cala sulla Mavi Marmaris, una nave turca che guida la spedizione di Freedom Flotilla pronta a forzare il blocco di Gaza. Convinti di fronteggiare dei pacifisti gli incursori si calano dagli elicotteri con le sole pistole, ma si ritrovano circondati da una folla di militanti aggressivi e violenti, armati di spranghe, coltelli e asce. I primi tre incursori vengono circondati feriti e sopraffatti. Uno trascinato sottocoperta è preso in ostaggio. Un altro, gravemente ferito, si butta in mare.

Un terzo lotta in attesa dei rinforzi. Per salvarlo dal linciaggio e recuperare il prigioniero sottocoperta i commandos si ritrovano costretti a uccidere nove «pacifisti» e a ferirne una cinquantina. «Chi si avvicinava - racconterà uno dei sette feriti israeliani - voleva solo ucciderci, ero prigioniero... quando ho sentito la pugnalata allo stomaco mi sono buttato di sotto, ma hanno ripreso a colpirmi e allora mi sono tuffato in mare».
Già l’atteggiamento di un organizzazione «pacifista» pronta ad attaccare uno dei migliori reparti d’elite al mondo dovrebbe destare qualche sospetto.

Ma il peggio sugli «amici» di Vauro salta fuori quando si scopre che sono militanti dell’Ihh («Insani Yardim Vakf»), un’organizzazione umanitaria turca sospettata di collusioni con il terrorismo islamico e legata ad Hamas. Secondo un dossier del 2006 firmato dall’analista americano Evan Kohlman per l’ «Istituto danese di studi internazionali» l’Ihh è nel mirino dell’antiterrorismo turco fin dal 1997. Quell’anno una perquisizione del suo quartier generale ad Istanbul porta alla luce armi, esplosivi, istruzioni per confezionare ordigni esplosivi e documenti sui militanti andati a combattere in Bosnia, Cecenia e Afghanistan. Nel 1996 un memorandum dell’Uclat, il centro francese d’antiterrorismo, rivela invece che Bulent Yildirim, fondatore di Ihh, è coinvolto nel reclutamento di volontari dell’internazionale islamica.  CONTINUA

http://www.ilgiornale.it/interni/ecco_chi_sono_amici_sanguinari_vauro/14-05-2011/articolo-id=522985-page=0-comments=1

IL GIORNALE

Dunque i figli e le figlie di vittime del terrorismo si scagliano con veemenza contro Letizia Moratti per l’«attacco indegno» a Giuliano Pisapia. Sapete tutti di cosa si tratta. La signora sinda­co di Milano ha ricordato, durante un faccia a faccia televisivo, che il suo av­versario era stato coinvolto oltre trent’anni or sono in un’inchiesta su ambienti contigui al terrorismo, con­dannato per furto, amnistiato. In real­tà Pisapia aveva rifiutato l’amnistia e preteso un processo d’appello, che lo assolse con formula piena.

Letizia Mo­ratti è incorsa, questo mi pare eviden­te, in una deplorevole omissione la cui responsabilità suppongo debba es­sere attribuita ai suoi collaboratori. È spiacevole che l’errore sia avvenuto mentre è in corso una accesa campagna elet­torale. Preferirei, personal­mente, altri toni e altri argo­menti. Ma tutto questo non auto­rizza nessuno a capovolge­re il racconto della storia e a opporre l’avvocato Pisapia - come esempio di democra­tica fede e saggezza - alla fi­glia d’un deportato a Da­chau. Con una singolare in­versione dei ruoli, coloro che dal terrorismo brigati­sta furono atrocemente col­piti ne ravvisano le tracce nell’estremismo morattia­no: del tutto scagionando da ogni vicinanza al mondo della violenza politica chi un tempo ne predicava l’uti­lità, anzi l’indispensabilità. Non sono un tifoso dell’ar­cheologia giudiziaria. Il fru­gare tra vecchie carte per rinfacciarne i contenuti ai politici d’oggi non mi pia­ce, come metodo polemico e propagandistico. La gen­te cambia, in decine d’an­ni, e si può sperare che an­che Giuliano Pisapia sia cambiato.

Ma qui stiamo parlando di qualcosa di di­verso. Stiamo parlando di chi, colpito dalla ferocia del terrorismo, ostenta soli­darietà e simpatia non per il Pisapia d’oggi, ma per il Pisapia degli anni di piom­bo. Cerchiamo di non rac­contarci frottole edificanti. Intervistato da Elisabetta Soglio del Corriere Pisapia ha esaltato non il suo pre­sente - gli riconosciamo il diritto di farlo - ma il suo passato. «La parte di sini­stra di cui ho fatto parte - ha detto - ha fatto da argine per tanti giovani che altri­menti avrebbero scelto la strada del terrorismo. Ab­biamo dato un’alternativa con una buona politica, fat­ta in mezzo alla gente e per la gente».

Questa versione edulcora­ta degli eccessi che caratte­rizzarono e insanguinaro­no una triste stagione italia­na non può convincere chi, come me, quella stagione l’ha vissuta in una trincea giornalistica. Il raccontino dei «rivoluzionari» che in realtà svolgevano una mis­sione di fratellanza, da fran­cescani laici, e aiutavano i giovani ad astenersi da atti inconsulti, poteva andare bene per le Frattocchie: tra gli adulti e vaccinati d’oggi ha poco corso. Io li ricordo quei proclami e quegli inci­tamenti forsennati. Ne ve­do la ripetizione in certe scalmane dei centri sociali e d’altre frange eversive. Non insinuo, sia chiaro, che il Pisapia aspirante alla poltrona di sindaco di Mila­no abbia molto a che fare con il Pisapia barricadiero d’antan . Lui si vanta di co­noscere la borghesia illumi­nata milanese perché è da lì che viene.

http://www.ilgiornale.it/interni/se_figli_vittime_adesso_difendono_i_carnefici_loro_padri/14-05-2011/articolo-id=523154-page=0-comments=1

PISAPIA WIKIPEDIA

Biografia

Giuliano Pisapia è laureato in giurisprudenza e in scienze politiche ed è avvocato penalista patrocinante presso la Corte di Cassazione. Fa parte del Comitato scientifico della Camera penale di Milano, di cui è stato vicepresidente. Giuliano è figlio di Gian Domenico Pisapia, celebre avvocato, padre del Codice di Procedura Penale del 1989, dal quale ha rilevato lo studio milanese.

È componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Vidas. Fa parte del Comitato direttivo delle riviste "Critica del Diritto" e "Alternative Europa" "I diritti dell'Uomo". Svolge l'attività di pubblicista e suoi articoli sono apparsi sui principali quotidiani e periodici italiani. Ha scritto voci su enciclopedie giuridiche (Digesto e Novissimo Digesto Italiano), in particolare sui reati contro la famiglia.

Si è occupato della difesa di Abdullah Öcalan durante la sua permanenza in Italia ed è stato il legale della famiglia di Carlo Giuliani, costituitasi parte civile durante il processo seguito al G8 di Genova del 2001. [1]

----------------Nel 1996 Giuliano Pisapia è eletto in Parlamento, come deputato indipendente nelle liste di Rifondazione Comunista.....................

Nell'ottobre del 1980, Pisapia viene arrestato in base alle indicazioni di un pentito. L'accusa era di concorso morale al furto di un veicolo e di banda armata (da quest'ultima accusa Pisapia venne prosciolto già in fase istruttoria[5]). Con lui vengono arrestate altre dieci persone. Pisapia resta incarcerato per quattro mesi.

Nel giugno 1982, nel contesto dell'istruttoria su Prima Linea e i Comitati Comunisti Rivoluzionari attivi a Milano (che riguardava anche Marco Barbone, assassino di Walter Tobagi, oltre a Marco Donat Cattin e al pentito Michele Viscardi), il pubblico ministero Armando Spataro chiede il rinvio a giudizio davanti alla Corte d'Assise di Milano per 163 persone.

Il 22 ottobre 1984 il giudizio di primo grado si conclude, per effetto di un provvedimento di amnistia ed indulto del 1978 (DPR 413/78[6]), con una sentenza di "non luogo a procedere": la Corte d'Assise esplicita nelle motivazioni che Pisapia sarebbe stato comunque assolto per insufficienza di prove[7]. Pisapia rinuncia all'amnistia e fa ricorso avverso la sentenza: la Corte d'Assise d'Appello lo assolve, nel marzo del 1986, per non avere commesso il fatto.[7]   CONTINUA

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuliano_Pisapia