Giulia dice che i suoi diari la seguono ovunque, in viaggio, in treno, in autogrill. Al volo prende nota, abbozza, poi più tardi rielabora e sviluppa. La sua è una sorta di scrittura automatica intima, un flusso irridescente e cristallino che le sguscia fuori dall’anima, le scorre sotto la pelle, la osserva, curiosa in giro, guarda fuori la gente e i luoghi. Con una narrazione frammentata e concisa, che si riflette speculare nel tipo di linguaggio misto impiegato, ricompone mosaici spuri, pieni di vita, elettrici, ma insieme meditativi, che mettono tutto sotto vetro, pur se ne mostrano la superficie pulsante, gli organi e il respiro.
Sottopelle è una miriade colorata di collages e disegni ad acquarello, con grafite, olio, china e acrilico. Tre metri fitti come una folla, tante voci insieme, teche che sembrano capitoli di un libro di racconti. Il tratto è veloce e la figurazione dinamica, per immagini fissate mentre stavano già per volar via.
Frà-contrario è ancora un’altra folla, ma giocata in bianco e nero, alla ricerca della struttura della storia, in un attraversamento verticale. Dentro si racconta ogni cosa e il suo contrario. Non c’è nulla di giusto o di sbagliato, ma tutto è relativo e doppio. Dipende dal punto di osservazione. Ritagli di foto si fondono con il disegno, reinventando corpi artistici per possibilità aperte dell’essere. Il colore riesplode poi in Verecundia, carte veline resinate dalle forti tinte, che nascondono dietro qualcosa, un oggetto. Si indovina, ma non è un’immagine definita. È soprattutto una percezione, un esercizio di sguardo a cui deve venire in soccorso l’intuito. L’artista parte dal meccanismo della vergogna,che, come la maggior parte dei sentimenti più interiori, le persone cercano di occultare dentro di sé, non mostrandoli all’esterno. Ma qualcosa filtra sempre, il colore dell’emozione. Basta stare in ascolto.
Olga Gambari