LA POLITICA FUTURISTA di Pierluigi Casalino

 L’Italia doveva diventare il laboratorio della rivoluzione della novità all’insegna della velocità e dell’estetica della reazione al vecchio. Il ribollire delle manifestazioni futuriste era cominciato, a dire il vero, già nel 1910. Dimostrazioni antiaustriache si erano svolte a Milano nel contesto dell’ansia esaltata ed esaltante di rinnovamento del costume civile e culturale. Ondate di passioni confuse, ma rivoluzionarie sconcertarono i ben penanti. Il Prefetto di Milano ironizzava, nei suoi rapporti al Governo, sulle iniziative di “adolescenti”. Che senso dare, dunque, a tali espressioni di “nemici delle arti, dei musei, delle accademie, degli istituti di cultura, della musica classica, di tutto ciò che essi considerano (troppo) convenzionale?…”.Essi, senza essere rivoluzionari o repubblicani, amano il rumore e il disordine, odiano la tranquillità e la pace, che chiamano indegne dell’uomo….”  Eppure sentivano vagamente la necessità di svecchiare, di modernizzare, di cambiare, forse oltre le intenzioni, un Paese ritenuto fermo e incapace di guardare avanti con fiducia e coraggio. Anche il futurismo ebbe le sue ombre. Ma grazie alla sua travolgente e incontrollata invenzione, contribuì alla spinta verso la modernità. I successi dell’aviazione, “l’arma azzurra”, in fondo, si spieganoancora oggi con il desiderio di ebbrezza e di trionfo della macchina. Volare era una delle massime futuriste, in anticipo sulle trasvolate atlantiche e poi quelle spaziali del secondo dopoguerra. “Balbo e i trasvolatori italiani (Celeste metallico aeroplano)”, il dipinto di Giacomo Balla del 1931 racchiude in se tutto il messaggio rinnovatore e grandioso della Fenice futurista.   

 Casalino Pierluigi.