da IL GIORNALE
di Marcello Veneziani
L’organo finiano mi rinfaccia di aver tratteggiato in un mio libro un quadretto ironico e affettuoso di una sezione missina del Sud, raccontando la generosità e lo squallore naïf delle sezioni di quel tempo. Era una pagina narrativa e non politica, di colore e sentimenti, lievemente caricaturale anche se rispecchiava un’esperienza vera di vita; ma non penso affatto che tutti i missini si possano ridurre a quel rozzo campionario di zoologia. Ci fu chi ci rimise la pelle e onore a loro; ci fu chi ci rimise soldi e lavoro, altro che Montecitorio o Montecarlo; e c’era anche gente di qualità. Di solito, però, non se la passavano bene; erano all’opposizione interna, come Beppe Niccolai, o espulsi, come Marco Tarchi. La nomenklatura del Msi, con poche eccezioni, restò impenetrabile alla cultura e alle idee, diffidente verso gli eretici e gli innovatori, ostile a ogni iniziativa editoriale e culturale, di nuova destra o verso nuove aperture. Se portavo le mie idee su la Repubblica o su l’Unità, se esortavo a lasciare il fascismo alla storia e ad aprirsi ad alleanze nuove, se dialogavo con Cacciari o con i socialisti tricolore, passavo ai loro occhi per venduto e traditore. Quanti frustrati abitanti delle fogne missine, oggi finiani, la pensavano così....
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