da IL POST IT
Nel complesso dibattito sulla privacy e sulle sue violazioni, dimentichiamo spesso che siamo noi stessi, ogni giorno, a regalare ad archivi permanenti parti delicate della nostra vita privata. E ormai la presenza online di tutte queste informazioni entra in relazione sempre più assiduamente con le vite offline e col funzionamento delle nostre società. Ne parla Jeffry Rosen, in un lungo articolo sul New York Times intitolato “Il web significa la fine dell’oblìo”:
Quattro anni fa Stacy Snyder, una venticinquenne di Lancaster in Pennysylvania che stava facendo un tirocinio come insegnante in una scuola superiore, pubblicò una foto sulla sua pagina di MySpace che la ritraeva ad una festa, mentre beveva da un bicchiere di plastica ed indossava un cappello da pirata. Il titolo dell’immagine era “piratessa sbronza”. Dopo aver visto la pagina, il supervisore nella scuola dove stava facendo il tirocinio le disse che la foto «non era professionale», ed il preside della scuola la accusò di promuovere il consumo di alcool tra i suoi alunni minorenni.
Il risultato fu che pochi giorni prima della sua laurea, l’Università le negò la specializzazione e di conseguenza l’abilitazione all’insegnamento.segue