Per una Storia dell'Intellettuale
"Nella lettera da San Vittore, a Tatiana, 19 Marzo 1927, come ebbe noto, Gramsci formula per la prima volta quel suo progetto di lavoro "disinteressato" e "fur ewig", che reca, al primo punto, "una ricerca sulla formazione dello spirito pubblico in Italia nel secolo scorso; in altre parole, una ricerca sugli intellettuali italiani, le loro origini, i loro raggruppamenti secondo le concorrenti della cultura, i loro diversi modi di pensare, ecc. ecc.". Non riciterei queste famose parole, se non volessi sottolineare come, enunciando l'idea di un'indagine intorno a questo "argometno suggestivo in sommo grado", Gramsci identificasse chiaramente "spirito pubblico" e "intellettuali", e giustificasse l'etereogenità del suo piano di lavoro (gli altri tre punti, in quel momento, erano metodologia e teria della linguistica comparata, anzi più precisamente della neolinguistica, il teatro di Pirandello, e i romanzi d'appendice che il gusto popolare in Letteratura), eterogeneità che, per un verso, lo preoccupa ("quattro soggetti" sono già "un indice che non riesco a raccogliermi"), con le parole seguenti: "in fondo a chi bene osservi, tra questi quattro argomenti esiste omogeneità: lo spirito popolare creativo, nelle sue diverse fasi e gradi di sviluppo, è alla base di essi in misura uguale"
L'8 febbario 1929, inaugurando il "primo quaderno", l'eterogeneità è moltiplicata e aggravata. Il catalogo di pagina 1 prospetta 16 punti, e la ricerca già indicata come primaria, a Tatiana, due anni prima, occupa la posizione n. 3, e appare come "formazione dei gruppi intellettuali italiani: svolgimento, atteggiamenti". Ma se torniamo all'epistolario, e alla ulteriore lettera a Tatiana del 17 Novembre 1930, la questione dei "gruppi intellettuali" non soltanto rioccupa il primo luogo, ma appare, meglio che dominante, assorbente, e diciamo pure esclusiva. Se posso citare con qualche larghezza, pur sellettivamente, ecco quanto scriveva Gramsci, nell'occasione: "Mi sono fissato su tre o quattro argomenti principali, uno dei quali è quello della funzione cosmopolita che hanno avuto gli intellettuali italiani fino al Settecento, che poi si scinde in tante sezioni: il Rinascimento e Machiavelli, ecc. [...]: la quistione si presenta diversamente nelle diverse epoche e secondo me bisognerebbe risalire ai tempi dell'Impero romano [...]. D'altronde la cosa non è nuova completamente per me, perchè dieci anni fa scrissi un saggio sulla quistione della lingua secondo il Manzoni e ciò domandò una certa ricerca sull'organizzazione della cultura italiana, fin da quando la lingua scritta (il così detto medio latino, cioè il latino scritto dal 400 dopo Cristo al 1300) si staccò completamente dalla lingua parla ta dal popolo, che, cessata la centralizzazione romana, si franse in infiniti dialetti. A questo medio latino successe il volgare, che fu nuovamente sommerso dal latino umanistico, dando luogo a una lingua dotta, volgare per il lessico, ma non per la fonologia e tanto meno per la sintassi che fu riprodotta dal latino...". E qui interrompo la citazione, per economia, senza attendere che Gramsci stesso tronchi il proprio discorso, confessando: "come vedi l'argomento mi interessa tanto, che mi sono lasciato prendere la mano". ...
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