Un Centenario da ricordare.
Nel 2009 si è sono celebrati i cento anni dalla nascita del Futurismo. Nell’occasione non sono mancati gli accostamenti con un altro grande evento culturale di quell’anno, “Les Ballets Russes”. Il fascino della spettacolare creatura di Daghilev e dei suoi sortilegi è stato paragonato a quello altrettanto ricco di intermittenze di luci abbaglianti e di ombre seducenti del movimento futurista e dei suoi protagonisti. Le incandescenze del Futurismo si coniugano con gli strabilianti cromatismi dell’arte dello scenografo russo e dei suoi epigoni. Non è un caso che tra le manifestazioni più intense di suggestione dedicate al Futurismo si siano distinte quelle che hanno ricordato l’esperienza dell’avanguardia russa. Vortici di forme dinamiche che si confondono in atmosfere ostentatamente effervescenti. Un rincorrersi di temi significativi, ritmi, corrispondenze, insiemi e linee, assonanze, caleidoscopi di immagini, sensazioni, impressioni e tormentate emozioni dell’inconscio, il tutto espresso in roboanti esplosioni di coscienze inquiete alla ricerca di un nuovo senza orizzonti. Questo è, in estrema sintesi, lo spirito dell’opera coinvolgente e rivoluzionaria del “Cubofuturismo” Russo, con i suoi vati venuti da freddo, da Chagal a Larionov, alla Goncarova, accompagnati da una schiera di ardimentose amazzoni dell’avanguardia, quali Ekster, Popova, Udalcova e altre eroine del senza limite. Emblematico di tale corrente di pensiero futurista è “Rapsodia norvegese” di Vladimir Baranov-Rossine, dipinto realizzato tra il 1916 e il 1919, testimonianza di perenne e radicale voluttà del movimento nel contesto di un gioco di spirali e di labirinti incontrollati della mente.
Pierluigi Casalino