POSTCONTEMPORANEI

images marinetti.jpg100 ANNI DI FUTURISMO / 10 ANNI DI MOVIMENTO POST-CONTEMPORANEO

   

Probabilmente pochi sanno che il Manifesto di Fondazione del Futurismo, firmato da Filippo Tommaso Marinetti, fu pubblicato integralmente per la prima volta il 5 febbraio del 1909, sulla “Gazzetta dell’Emilia”. Solo qualche giorno dopo il testo venne ripreso da altri quotidiani italiani, come “L’arena” di Verona e “Il Piccolo” di Trieste, fino al lancio mondiale su “Le Figaro” di Parigi il 20 febbraio, la data in qualche modo considerata “ufficiale”.

Marinetti fece di tutto per completare il documento entro la fine del 1908 per poterlo promuovere, con un evento mediatico mai visto (oggi lo si chiamerebbe globale), all’inizio dell’anno nuovo. Ma il disastroso terremoto di Messina fece rinviare l’operazione, anche se il primo a pubblicare il testo fu comunque il giornale emiliano. Le ragioni di questa scelta avevano probabilmente un’intenzione provocatoria: Marinetti considerava infatti Bologna “la città più passatista d’Italia” (e da quel che si sa, all’apparizione del manifesto il capoluogo felsineo non si scompose più di tanto).

A questo evento e alle successive vicissitudini del Futurismo in città sarà dedicata la mostra organizzata dalla Fondazione Carisbo “5 febbraio 1909 – Bologna avanguardia futurista”. Sembra essere questa l’unica novità storiografica di rilievo emersa sul movimento in occasione del centenario - movimento che, seppur sdoganato del tutto solo di recente, è stato studiato in lungo e in largo in Italia e all’estero.

L’unica iniziativa inedita che si sarebbe potuta affrontare poteva essere una mostra sul Futurismo e le donne, argomento trattato da Claudia Salaris in un volumetto di un quindicennio fa. Lo straordinario apporto al Futurismo di figure quali Benedetta Marinetti (moglie del fondatore), grandissima pittrice e autrice del visionario romanzo “Astra e il sottomarino”, la leggendaria danzatrice Giannina Censi, l’autrice del “Manifesto della donna futurista” e del “Manifesto della lussuria” Valentine De Saint- Point, crediamo non sia ancora stato valutato pienamente. Questa celebrazione avrà dunque la funzione di far conoscere al maggior numero di persone ciò che gli studiosi e gli appassionati già sanno, e a giudicare dalla quantità e dalla qualità delle pubblicazioni e delle mostre in cantiere l’obiettivo lo si dovrebbe centrare.

Da più parti invece si invoca la necessità si un dibattito sull’attualità del Futurismo o una sua possibile riattualizzazione, sottintendendo che proprio questa dovrebbe essere la finalità della celebrazione del centenario. Ed è qui che la questione si fa più complicata - ed è bene chiarire subito alcune cose. Il movimento futurista, tutti gli storici dell’arte ne convengono, è finito con la morte del suo fondatore nel ’44; e non solo per ineludibili motivi politici (il legame strettissimo di Marinetti con Mussolini, anche se il Futurismo non fu affatto l’arte di stato del regime), ma soprattutto perché Marinetti fu il mecenate, il trascinatore e l’organizzatore  del Futurismo come movimento organico, nonché colui che amalgamava tra loro gli artisti delle varie discipline e indicava loro delle finalità comuni. Nel dopoguerra infatti, la maggioranza di essi (Trampolini, Depero, Delle Site e tanti altri) continuò a lavorare, ma in proprio. Lucio Fontana, uno degli artisti più importanti degli anni sessanta, dichiarò esplicitamente la derivazione futurista del suo “Manifesto dello spazialismo”. Negli anni ottanta poi, sotto l’egida di Renato Barilli, fece la sua comparsa il “Nuovo Futurismo”, corrente artistica di scarsa durata che però lanciò l’oggi celebre Marco Lodola: la sua accattivante produzione seriale di light-boxes colorati lo imparenta però più alla Pop Art che al Futurismo.

Ma anche l’influenza non dichiarata o involontaria del Futurismo sulle avanguardie coeve e su quelle a venire è ben documentata e rintracciabile. Ad esempio, un non-musicista come Brian Eno senza dubbio ha sempre operato con una mentalità “futurista” (e lo sa anche l’assessore Croppi, che vuole invitarlo a Roma come principale attrazione delle giornate celebrative); e non solo perché ha scandagliato con un approccio sempre sperimentale e innovativo ogni territorio musicale, ma soprattutto perché è stato l’unico – e con esiti sublimi – a cimentarsi con la musica per astronauti (vedi l’album Apollo – Virgin 1983). Ed è evidente il collegamento con l’aeropittura e l’aeropoesia marinettiane; ne costituisce il naturale sviluppo.

L’attualità del Futurismo consiste dunque nel concreto agire di ogni singolo artista che ne trae in qualche modo ispirazione. Personalmente, quando ho fondato il movimento Post- Contemporaneo quasi dieci anni orsono, ho cercato di ricrearne lo spirito sincretico e l’attitudine bellicosa perché credevo che corrispondesse al mio carattere, alla mia indole e a quella di chi collaborava con me; soprattutto, abbiamo sempre tenuto fede al motto futurista, quello sì sempre attuale, “ricordarsi sempre di sputare tutti i giorni sull’altare dell’arte”. E ne abbiamo musicato due testi sacri: il Manifesto stesso, contenuto nel cd “Gerarchia ordine disciplina”, e il testamento marinettiano “Quarto d’ora di poesia della X Mas” – oltre a un’altra poesia, “Quota zero” del futurista triestino Bruno Sanzin.

Se l’arte è innocua, non è arte post-contemporanea. Se l’arte è soltanto rappresentata e non vissuta, non è arte post-contemporanea. Se non modifica o ribalta la prospettiva delle idee date e delle certezze acquisite non è arte post-contemporanea.

Io ho quindi inventato formule artistiche che poi ho vissuto, non rappresentato, quali la letteratura da ballo, la poesia ginnica, l’aforisma danzato, il conservatorismo libertino, il nazibuddismo. Ho creato ambientazioni, non spettacoli. Mi si dice che tutto ciò, in particolare il mescolare stili di vita fra loro contrastanti, mi ha reso pericoloso, a volte ridicolo – può darsi. Sicuramente ho pagato un prezzo molto alto solo per avere tentato di scardinare i recinti delle etichette e delle categorie entro cui pascolano e ruminano i filistei. Tuttavia, i riconoscimenti di un pubblico qualificato e di buona parte della critica compensano le discriminazioni di cui siamo spesso oggetto.

L’uomo contemporaneo tende a sviluppare solo una piccola parte di sé, a causa di interessate costrizioni ideologiche, paure inculcate, senso di inadeguatezza, totale dedizione al conseguimento di inutili status symbols. Ma l’uomo è composto di tante personalità, guidate da un io nostromo, e la vita è una grande sinfonia, in cui possono suonare tanti, se non tutti, gli strumenti. Purtroppo però l’individuo odierno è il target di consumi e informazioni e politica: ogni gruppo sociale è cristallizzato perché trova solo conferme di quello che già è in ciò che consuma, legge e vota. Si impedisce lo sviluppo personale. L’arte post-contemporanea lavora per rompere questo schema e sviluppare la personalità in tutte le direzioni possibili. Ciò implica una serena accettazione della vita come grande ballo in maschera.

Il nostro contributo alle celebrazioni dell’anno marinettiano consiste nella pubblicazione di un libro + cd e di un vinile (già disponibili dal dicembre 2008). Il primo si intitola “Patriottismo psichedelico” ed è un volume di letteratura totale: saggio, racconto, haiku, motti, paroliberismo sonico, poesie per musica elettronica, ricette e soprattutto aforismi; contiene inoltre il cd di inediti e rarità della Post Contemporary Corporation “Eroismo e pagliaccismo”. Il vinile è invece una raccolta di sette remix in chiave elettronica dello stesso brano, “Manzotin mantra”, V sacra tavola del parolibelismo sonico postcontemporaneo.

La stragrande maggioranza del popolo italiano, indottrinata fin dalla più tenera età dal cretinismo musicale e letterario dello Zecchino d’oro, del Festival di Sanremo e del FestivalBar, reagirà con suprema indifferenza a questa ennesima controffensiva postcontemporanea.

 

VALERIO ZECCHINI

 

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